Nel momento in cui si è intrapresa la strada dell’approfondimento che abbiamo ribattezzato 23eNoi, occorre fare un passo indietro per tornare alla scintilla che ha in qualche modo scatenato l’interesse dell’opinione pubblica sui test genetici “fai da te”. Il passo deve ricondurci allo scorso 18 settembre, quando Sergey Brin pubblicò un entusiastico manifesto di fiducia nella scienza, un lungo messaggio pubblico con il quale egli manifestava il proprio credo nella ricerca.
Con il suo post “LRRK2” Brin ha spiegato la propria esperienza con 23andMe (va ricordato: azienda fondata da sua moglie) ed ha ammesso di aver trovato nel proprio genoma la mutazione G2019S.
Il seguito del post è una cavalcata positivista trionfale che vede nel progresso scientifico la chiave di lettura universale per rapportarsi alla vita. Brin si sente fortunato, dice, perchè ha la possibilità di sapere in anticipo il proprio destino. Può prepararsi, dice. La sua è una applicazione fedele della “filosofia Google”, una applicazione però estrema che rischia di evidenziare le pecche del nocciolo teorico di partenza: una cosa è una SERP, un’altra è un listato del genoma personale.
E’ evidente il fatto che non tutti la pensino secondo la filosofia Brin e molti preferiscano invece godersi la vita in attesa che l’ineluttabile eventualmente succeda. Brin invece manifesta la propria sete di conoscenza per meglio affrontare la realtà: «ho alcuni decenni per prepararmi».
Dopo questo primo post il blog si è congelato: 2 mesi di silenzio non si addicono propriamente ad un buon blogger, ma con questa mossa Brin ha quantomeno tenuto fuori dal discorso Google: la forma è salva. La sostanza, un po’ meno: l’avvocato del diavolo non può che vedere nel post di Brin una marketta esplicita all’azienda della moglie, un lancio fondamentale che si affianca ai volti noti già usati come testimonial più o meno volontari per le provette dell’azienda (una foto di Naomi Campbell nei laboratori 23andMe è ad esempio disponibile su Flickr).
Inevitabilmente un lancio di questo tipo, a braccetto con l’abbassamento dei costi del servizio, rappresenta un tappetino rosso per 23andMe. Scartando l’idea per cui il blog sia stato solo un favore fatto alla consorte, però, rimane da chiedersi quanto, come e perchè Google possa avere fondati interessi in 23andMe.