Istrionico il personaggio, ma poco chiara l’iniziativa. Quel che è chiaro, invece, è come Vittorio Sgarbi stia sfidando faccia a faccia YouTube, cercando di far rimuovere le proprie immagini dalla repository video di Google e minacciando altrimenti esose richieste di risarcimento. La denuncia non ha però contorni del tutto lineari e tutto quel che traspare al momento è dato da una serie di dichiarazioni pubblicate dall’ANSA e poche testate online. Impossibile reperire al momento una opinione diretta: Sgarbi non gestisce comunicazioni dirette tramite il proprio sito web e, al contempo, chi ne gestisce l’immagine (Aretè srl, gestita dalla madre Rita Cavallini) utilizza un sito privo di contenuti e contatti.
Secondo quanto pubblicato dal Messaggero, la richiesta di rimozione sarebbe relativa a tutta una serie di video, «in violazione del diritto di immagine», di trasmissioni Rai. I legali avrebbero chiesto nella fattispecie l’esclusione da YouTube di «immagini fisse o in movimento di programmi video della Rai in cui compare Sgarbi». L’avvocato di Sgarbi Giampaolo Cicconi avrebbe contestato la «violazione dei diritti di utilizzazione e sfruttamento economico dell’immagine» e minaccia pertanto ricorso presso il Tribunale di Camerino chiedendo un risarcimento danni «non inferiore a 10 mila euro per ogni minuto o frazione di minuto di diffusione diretta o indiretta».
La richiesta va oltre: a YouTube viene contestata l’«abusiva riproduzione, trasmissione e diffusione di un’opera dell’ingegno coperta da diritti d’esclusiva», il che sposta ulteriormente l’orizzonte senza limitare all’immagine dello stesso Sgarbi l’iniziativa legale promessa. Il tutto viene infatti esteso ai provider i quali, secondo i legali, se possono rimuovere i video a sfondo pedopornografico o altri filmati caricati dagli utenti, »hanno anche l’obbligo di vigilare sul rispetto del diritto d’autore».
La denuncia non può però prescindere da un accordo che, ormai da tempo, lega la Rai e YouTube in un esperimento editoriale che va in direzione contraria rispetto alle denunce portate avanti invece da Mediaset. La Rai ha infatti in essere un accordo tale per cui il gruppo si impegna all’upload di immagini sulla repository in cambio delle tutele e delle opportunità garantite dal sistema VideoID. Ma non è soltanto una questione di accordi e di diritto: chiedere la rimozione dei video implica discorsi molto più generali, riaprendo un dibattito mai concluso sulla distribuzione di diritti e responsabilità tra intermediari, content provider ed utenza finale.