Shinobi, tuttora considerato un classico intramontabile, è indubbiamente uno dei titoli più fortunati fra quelli editi dal colosso giapponese SEGA.
Apparso nelle sale giochi a partire dal 1987, ha mantenuto vivo il proprio successo grazie alle numerose conversioni per le principali piattaforme dell’epoca (come “Atari ST”, “Commodore 64” e “Sega Master System”, giusto per citarne alcune) e grazie a un flusso costante di sequel che si protrae fino ai nostri giorni.
Includere Shinobi nel genere videoludico dei beat’em up, come invece fecero gran parte delle riviste specializzate in quel periodo, è decisamente fuorviante. Per essere più precisi, potremmo definire il titolo come un Run and Gun, sviluppato su una classica struttura a due dimensioni con scrolling orizzontale.
La dinamica di gioco risulta tanto semplice quanto accattivante. Il giocatore, rivestendo i panni del ninja Joe Musashi (o, più semplicemente “Shinobi”, uno dei tanti nomi in codice attribuiti alle spie del Giappone feudale), dovrà liberare i bambini del clan di “Oboro”, presi in ostaggio dalla perfida organizzazione terroristica “Zeed”.
Per raggiungere tale obiettivo, sarà necessario superare una serie di livelli (a loro volta suddivisi in missioni culminanti in un incontro con un avversario definito “Boss”), sconfiggendo la schiera di nemici e salvando i bambini che si incontreranno lungo il percorso.
Ottima anche la grafica di Shinobi, caratterizzata da sprite di dimensioni notevoli e sviluppata in parallasse.
Il sonoro, invece, è un elemento decisamente più marginale: le musiche presentano qualche interessante effetto campionato, sebbene siano piuttosto ripetitive. Non si contano, infatti più di 4 o 5 brani totali contraddistinti, comunque, da ritmi distensivi e vagamente orientali.