In questo periodo, pieno di rapporti preoccupanti per lo “sviluppo della banda larga” in Italia e nel resto del mondo, ci si interroga su quale sia la strada migliore per sopperire alla gravi lacune digitali che attanagliano il nostro bel Paese.
Nuove reti, fibra ottica, reti wireless, WiMax, tutte cose che andranno sicuramente realizzate con investimenti seri e con progetti reali di medio e lungo termine.
Ma siamo sicuri che per superare il digital divide basti portare un cavo o un’antenna e dare ad ogni utente un computer?
Molti probabilmente risponderebbero di si e sinceramente fino a poco tempo fa anche io sarei stato di questa idea. Portare la banda larga e dare una corretta alfabetizzazione informatica erano più che sufficienti per garantire il superamento del Digital Divide che fa da spartiacque tra un Paese “arretrato” e un Paese “Evoluto”.
Ma pochi giorni fa, durante una chiacchierata pubblica su un famoso Social Network tra me e un mio amico sul tema del Digital Divide, si è casualmente intromessa una terza persona che ha fatto una sottolineatura che merita attenzione.
Il Web, i contenuti multimediali presuppongono che gli utenti siano in possesso di requisiti fisici (vista, udito, mobilità) nella norma. Ma le persone che purtroppo soffrono di alcune disabilità, possono accedere ai nuovi servizi che la banda larga può offrire?
La risposta è no, ed è qui che si apre il nodo della questione. Potremo portare anche la banda larga a tutti, ma se comunque una fetta degli utenti non potrà comunque accedervi, il Digital Divide non potrà certamente definirsi superato.
È un aspetto questo che viene messo spesso in secondo o addirittura in terzo piano, ma invece se ne dovrebbe iniziare a parlare molto di più. Sono pochi i siti o le risorse multimediale adattate ai disabili, ed è necessario fare molto più più. La banda larga e i nuovi servizi devono essere davvero a disposizione di tutti.