Molti sono convinti che il ban con cui Trump ha convinto Google ad annullare la licenza di Android per Huawei, alla fine, faccia male al solo produttore cinese. Probabilmente non sarà così. Il motivo è semplice ed è sotto l’occhio di tutti: la compagnia di Shenzen era, ed è ancora, il secondo produttore di smartphone al mondo, in grado di far impensierire anche Samsung (che avrebbe superato, con poche remore, nel giro di un biennio al massimo).
Sicuri che perdere una così ampia fetta di pubblico faccia davvero bene alle casse di Big G? Nel 2018, la divisione mobile di Huawei ha ottenuto circa 50 miliardi di dollari, che sono oltre il 45% delle entrate totali del gruppo. Secondo un report di Oracle di ben tre anni fa, Google nel 2016 avrebbe ottenuto, grazie ad Android, 31 miliardi di dollari. Entrate avute dalla pubblicità e dagli incassi derivati da servizi e contenuti del Play Store. Evidente che Huawei, grazie al ruolo assunto nel tempo, spingeva molto verso l’ampliamento dell’adozione della piattaforma.
Il panorama non è del tutto favorevole a Google. Huawei è passata da 39,3 milioni di telefoni venduti nel primo trimestre del 2018 ai 59,1 milioni di spedizioni nel primo trimestre del 2019. Una cospicua parte di ciò riguarda dispositivi comprati nella natia Cina, dove cioè i servizi Google sono già assenti. Per Canalys, i produttori cinesi rappresentano un terzo di tutti i telefonini intelligenti acquistati globalmente. Se questi dovessero fare a meno, ognuno, delle Google App, sarebbe davvero un problema? Forse all’inizio, soprattutto per gli occidentali, ma Huawei ha già la soluzione tra le mura domestiche, diffusissime trai confini: Baidu Maps, Wangpan invece di Drive, Tencent Video invece di YouTube e molto, davvero molto, altro. Niente di paragonabile a Google? Non possiamo dirlo.
Quando tra le mani avevamo solo Windows Mobile tutto il resto sembrava in secondo piano, almeno nel settore di riferimento. Non pareva possibile usare qualcosa di diverso. Poi sono arrivati iOS e proprio Android. Con la forza economica di Huawei, ipotizzare un surrogato che poi superi l’originale non è poi così strano. Anzi, da un certo punto di vista, la strada aperta dal bando degli USA, disegna proprio una terza alternativa interessante, che si chiami Kirin OS o meno. La problematica maggiore è sicuramente quella del divieto, ipotizzato e non confermato, di ARM, ma di questo ci sarà modo di parlarne, visto che così come è venuto fuori potrebbe rientrare. Sono giorni caldi per Huawei, anzi roventi, e non è un eufemismo.
E allora…#buongiornounCaffo