Il silenzio elettorale sta per scattare. “Silenzio”, una parola caduta in disuso sotto i colpi dell’epoca del digitale. Eppure così preziosa, anche e soprattutto ora. Una parola che ha assunto risvolti nuovi: mai si è avuto così poco silenzio, eppure mai le persone (assorbite da smartphone e social media) sono state così in silenzio. Ma il silenzio è ormai qualcosa di molto più esteso della sola forma verbale, perché i mezzi espressivi sono molteplici e tutti abbiamo la possibilità di esprimere qualsivoglia informazione o emozione anche senza proferire una sola parola: nell’epoca dei selfie e delle emoticon, la parola “silenzio” assume contorni del tutto nuovi e non sempre pienamente metabolizzati.
“Silenzio” in un’epoca in cui il non-dire e il non-apparire equivalgono per molti versi al non-esistere: sui social tale aspetto assume particolare concretezza, ed ecco quindi che il silenzio e la morte quasi si sovrappongono idealmente sul medesimo perimetro.
Se il silenzio è “elettorale” tutto ciò appare ancor più paradossale, poiché proprio nei momenti di massimo coinvolgimento ideale e massima espressione emotiva, il chiudersi nel silenzio può apparire una violenza nei confronti di sé stessi e della propria voglia di proiettare una certa immagine di sé. A qualcuno potrebbe addirittura sembrare impossibile, come fosse la cesura di un’esistenza virtuale da cui è impossibile alienarsi.
Silenzio vissuto come non-partecipazione, silenzio sperimentato come non-espressione: ecco perché si fatica a stare in silenzio e su qualunque argomento si fa vorace la pulsione di dire, condividere, urlare. Per certi versi si tratta anche di una passione positiva, ma sui social va spesso fuori controllo poiché, al di fuori di un qualsiasi contesto circoscritto, ci si trova soltanto immersi in flussi incrociati e indefiniti nei quali diventa anche difficile distinguere i vari messaggi per pesarne la relativa forza.
Eppure il silenzio è importante proprio ora. Nei confronti di sé, anzitutto: per evitare di rimanere impressionati da una qualche fake news dell’ultimo minuto. Se i messaggi dei canali mainstream sono controllati e limitati (giornali e tv in primis), i social network non possono esserlo e quindi il silenzio elettorale sarà soltanto una vuota teoria lanciata nel vuoto. Nessuno potrà davvero imporlo e molti, anzi, lo violenteranno con le proprie condivisioni nel tentativo di portare acqua a chissà quale mulino. Ma c’è un modo per garantire a sé e agli altri questo importante diritto: rimanere offline.
Webnews, il luogo dell’innovazione, il luogo della comunicazione, il luogo del cuore gettato oltre il presente per carpire le emozioni del futuro, consiglia dunque di rimanere offline? Si, perché in un’epoca nella quale tutti siamo produttori e fruitori di messaggi, ognuno di noi deve condividere la medesima responsabilità nei confronti del silenzio elettorale. Dopo mesi di truce campagna elettorale, di bulimica fruizione di notizie e di vorticoso abbeveraggio a qualsivoglia condivisione giunta dagli amici, 24 ore di silenzio saranno salutari. Sarà un buon momento per isolarsi, per tacere, per evitare di lanciare appelli last-minute al voto.
Nel silenzio elettorale sarà possibile indagare dentro di sé cercando di capire quali ideali abbiano davvero fatto breccia, quali notizie non siano state adeguatamente verificate, quali sensazioni non siano state sufficientemente esplorate. 24 ore per decidere, insomma, dove andare a posizionare la propria “X” il giorno successivo.
Ci sarà tempo e modo per dire la propria in modo compulsivo fin dal 5 marzo, quando a urne chiuse sarà il voto a sparare sentenze e tutto il resto del mondo a fornire interpretazioni. Quanti diranno di aver vinto? Quanti sosterranno acrobatiche statistiche in grado di confondere artificiosamente i dati pur di tirare acqua al proprio mulino? Quanti inizieranno la prossima campagna elettorale già un minuto dopo che le urne si saranno chiuse?
Per non restare travolti da questa fiumana disordinata e violenta, non si deve far altro che un passo di lato. Cercare il silenzio e l’armonia. Allontanare i conflitti e affondare le riflessioni solo dentro sé stessi. Qualche notifica in meno, qualche distrazione in più, il cellulare qualche metro più distante per evitare tentazioni. 24 ore, solo 24 ore, in silenzio per rispettare sé stessi e gli altri.
Esatto: per sé stessi e per gli altri. Esattamente come il voto che si va a mettere sulla scheda poche ore più tardi, pensando certamente a sé, ma con l’obbligo di pensare anche a cosa sia meglio per gli altri. Per tutti, per una collettività. Il silenzio, così come il voto, in qualità di espressione di un valore sociale.
Poi torneremo a scrivere e commentare. Ma non sabato, non durante il silenzio elettorale, non quando il silenzio sarà il bene più prezioso che potremmo riservare a noi e alla nostra cerchia. Vale più il proprio voto che la propria condivisione: meno assenteismo e meno social network, almeno per un weekend, potrebbero significare molto per il nostro paese. E per ognuno di noi.