Insider trading nella Silicon Valley: dopo tre anni di duro lavoro, condito da ricerche ed indagini a tappeto, il dipartimento dell’FBI è riuscito a mettere a segno un importante colpo che ha smascherato cinque manager statunitensi, alle prese con informazioni riservate che avrebbero permesso loro di ottenere profitti illeciti dai loro investimenti.
L’insider trading è una pratica (vietata dalla legge) del mondo aziendale secondo la quale manager ed imprenditori usufruiscono di informazioni top secret provenienti da società di un certo calibro per trarne profitto economico tramite investimenti. I cinque manager americani sono stati trovati in possesso di dettagli relativi a prodotti fabbricati da aziende operanti nel mondo high-tech: da Apple ad AMD, da Flextronics a Dell, per un totale di nove colossi del settore digitale coinvolti involontariamente nella vicenda e già dichiarati totalmente incolpevoli dalle autorità.
Tra i prodotti di maggiore spicco figurano anche due dei dispositivi di punta della linea Apple: iPad e iPhone. Dalle intercettazioni effettuate dalle autorità statunitensi si evince infatti come dettagli relativi alla doppia fotocamera dell’iPhone 4 ed altri particolari di importante rilievo siano trapelati tramite informatori segreti, finendo nelle mani di investitori pronti ad approfittare delle informazioni raccolte. Lo stesso per iPad, annunciato prima del suo debutto da Walter Shimoon, ex pezzo grosso di Flextronics (azienda partner di Apple): nel mese di ottobre 2009 Shimmoon parlava di un nuovo dispositivo, completamente diverso da quelli disponibili allora sul mercato, definendolo un “lettore digitale”. A distanza di tre mesi, poi, Steve Jobs ha presentato iPad, mentre Shimmoon è stato recentemente licenziato ed ora arrestato.
Nelle operazioni di insider trading le “talpe” ricevono generalmente compensi che possono arrivare anche a diverse centinaia di migliaia di dollari: nel caso in questione sembra che la cifra pattuita si aggiri intorno ai 400.000 dollari, rendendo l’affare piuttosto stuzzicante per coloro i quali hanno fornito i dettagli al di fuori delle aziende produttrici. Il Wall Street Journal, che ha seguito la vicenda sin dai suoi albori e ha redatto un completo report sull’accaduto, parla di una vera e propria rete di manager corrotti, assoldati da investitori bramosi di far fruttare (illegalmente) i propri capitali a suon di rumor.