Internet is back. Così twittano, da alcuni minuti, ragazzi siriani e giornalisti. Un debole ritorno alla normalità, confermato dal traffic report di Google e da un brevissimo lancio della Reuters, che racconta che Internet è tornato a funzionare a Damasco, almeno, dopo due giorni di totale black out.
All’isolamento siriano avevano risposto subito due realtà del Web che già avevano unito le forze durante la rivolta egiziana: Google e Twitter. Con il servizio Speak2Tweet avevano permesso di usare le linee telefoniche per garantire un minimo di comunicazione verso l’esterno.
Da qualche minuto, però, pare che il traffico di rete sia tornato, come confermato da una inviata della BBC, che sta riferendo anche di nuvole di fumo, in questi giorni, nelle province periferiche di Damasco, di incidenti vicino all’aeroporto e di bombardamenti sulle città ribelli:
Internet is back in #Syria this very minute. Good to be back to the Internet World.
— Lina Sinjab لينا سنجاب (@BBCLinaSinjab) December 1, 2012
Intanto, si sprecano le ipotesi, a fronte delle spregiudicate affermazioni del governo di Assad, che insiste a scaricare la responsabilità del black out sugli oppositori (definiti «terroristi»). Secondo loro, ad aver causato quello blocco sarebbe stato un attacco dei ribelli. Difficile però credere che un black out totale, di 48 ore e su un intero territorio nazionale, non abbia a che fare con la volontà e il potere di chi governa il paese.
In ogni caso, la buona notizia è che alcuni cittadini siriani stanno comunicando via Skype, in questi istanti, verso i parenti che vivono in altri paesi, raccontando quello che potrebbe essere accaduto in questi due giorni di oscurità informatica e (quel che più conta) di informazione, mentre sull’hahstag #siryablackout si possono seguire istante per istante gli aggiornamenti.
Alle spiegazioni, ammesso che ce ne saranno mai, servirà qualche ora o giorno in più, ma una cosa è certa: la situazione siriana non promette nulla di buono. Il segretario generale dell’ONu, Ban Ki-moon, ha recentemente avvertito l’Assemblea che il numero dei rifugiati siriani potrebbe gonfiarsi a 700.000 dal prossimo mese, e ormai persino i paesi arabi vicini accusano apertamente il regime di essere degenerato in una milizia armata che ricorre alla brutalità nel disperato tentativo di rimanere al potere.