Microsoft ha perso una causa in Belgio che riguarda Skype e la gestione dei dati degli utenti. Il caso risale al 2015 quando una tribunale belga aveva chiesto alla casa di Redmond di consegnare tutti i dati delle chiamate di un utente del Belgio che utilizzava Skype per le sue comunicazioni e che era sospettato di alcuni crimini. Il tribunale aveva insistito sul fatto che avesse l’autorità per porre in essere questa richiesta grazie ai poteri concessi dal Telecom Act del Belgio.
La risposta di Microsoft, tuttavia, fu negativa in quanto la casa di Redmond affermò che Skype non è un operatore di telecomunicazioni e che quindi non possedeva la capacità tecnica di soddisfare questa richiesta. La Corte d’Appello belga, tuttavia, ha respinto le “scuse” di Microsoft affermando che Skype è “indiscutibilmente” un operatore di telecomunicazioni e che i riferimenti normativi della legge belga sulle telecomunicazioni includono anche le “comunicazioni elettroniche”. Inoltre, la Corte ha respinto anche la giustificazione adotta da Microsoft sul fatto che i server e le attività del servizio non si trovano in Belgio ma in Lussemburgo. La Corte ha anche confermato un’ammenda di circa 30 mila euro.
Microsoft ha fatto sapere che valuterà ulteriori azioni legali. L’aspetto interessante non è tanto la multa quanto la decisione della Corte belga. Microsoft da tempo sta lavorando per proteggere i suoi utenti dalla volontà di alcuni Governi di voler accedere ai loro dati. Caso emblematico la vittoria contro le autorità americane che chiedevano l’accesso alle email di alcuni clienti. Dati che, però, si trovavano su server presenti in Irlanda e dunque fuori dal territorio americano.
Il caso belga presenta, quindi, molte similitudine con quello americano. Inoltre, la Corte del paese ha stabilito che Skype è un operatore di telecomunicazioni. Anche su questo tema c’è stata sempre molta speculazione, e non è mai stato chiaro se Skype possa essere effettivamente paragonato o meno ad un operatore di telecomunicazioni.
Il caso del Belgio potrebbe, dunque, creare un precedente in Europa ed allarmare soprattutto chi teme che i Governi possano riuscire ad avere con facilità accesso ai dati degli utenti contenuti nei server delle società tech.