Skype si quoterà in borsa entro il 2010. La notizia clamorosa è questa ed esce nella notte, dopo giorni di rumor più o meno verosimili e nel contesto di una generale riorganizzazione del gruppo eBay. Per giungere all’attualità occorrerebbe ripercorrere le tappe precedenti, capire dove si voglia arrivare ed interpretare il significato della manovra annunciata. La verità è però limitata al momento ai fatti: l’offerta pubblica per il gruppo Skype sarà avviata a breve ed il servizio passa da controllato eBay a realtà indipendente che affida il proprio destino alle valutazioni di Wall Street.
Si sapeva da tempo che Skype ed eBay erano destinati a risolvere consensualmente il legame che unisce le parti. Trattasi infatti di un legame rappresentato dalle carte bollate firmate all’atto dell’acquisizione, ma da quel momento in poi la convivenza sotto lo stesso tetto non ha prodotto sinergie. Skype è una cosa ed eBay un’altra, e le parti hanno candidamente ammesso come non vi possa essere alcun futuro comune tra il client ed il marketplace. Di qui a capire come avrebbe potuto avvenire la separazione, però, ne passa. I rumor avrebbero potuto probabilmente continuare per molto tempo ancora, se non fosse che nella notte John Donahoe (CEO eBay) ha rotto gli indugi ed ha annunciato la verità sul caso confermando quella che era fino a ieri l’ipotesi meno accreditata: la quotazione in borsa di Skype.
Nelle parole di Donahoe c’è tutto il significato che il gruppo intende far passare con l’annunciato spin-off: la fiducia nell’iniziativa, il senso del valore di Skype, il credo sostanziale nella bontà sul mercato del client VoIP e nella possibilità di restituire agli azionisti eBay parte del valore perduto in passato. «Skype è un grande business stand-alone con forti fondamentali ed una attuale forte accelerazione. Ma è chiaro che Skype abbia limitate sinergie con eBay e PayPal. Crediamo che lasciar operare Skype come gruppo quotato sia la via migliore per massimizzare il suo potenziale. Questo darà a Skype le risorse richieste per continuare nella sua crescita per competere nelle comunicazioni voce e video. Inoltre separare Skype permetterà ad eBay di focalizzarsi completamente sui propri due motori principali – ecommerce e pagamenti online – disponendo di valore di lungo periodo per gli azionisti».
Una volta spiegate le motivazioni che reggono l’iniziativa, Donahoe avvia formalmente le operazioni. Si parte anzitutto dai numeri: 551 milioni di dollari di entrate nel 2008, +44% rispetto all’anno precedente con margini stimati attorno al 21%. Oltre 400 milioni di utenti registrati (+47%) e l’ambizione di raggiungere il miliardo di entrate entro il 2011. La bontà di questi numeri è accreditata a Josh Silverman, colui il quale sta guidando attualmente Skype ed al quale è ora attribuita la responsabilità di pilotare il gruppo verso l’importante passo. La timeline prevede la quotazione entro la prima metà del 2010, con tempistica dipendente dalle condizioni del mercato. Nessun dettaglio ulteriore ha al momento visto la luce, anche se potrebbe soltanto essere questione di pochi giorni: il 22 Aprile eBay comunicherà i propri dati trimestrali e per una volta i riflettori saranno tutti su Skype: c’è da capire infatti come potrebbe essere organizzata l’IPO (“Initial Public Offering”) e, soprattutto, quale potrebbe essere il range di riferimento dal quale partiranno le contrattazioni.
Skype è un client disponibile per le tre maggiori piattaforme desktop. È un servizio che sta approdando nel mobile facendo incetta di download e conquistando in breve tempo l’utenza iPhone. È un brand di primo piano, al quale è accreditato ad oggi l’8% del traffico vocale per le telefonate transazionali in tutto il mondo. Skype è qualcosa di evidentemente esplosivo, in grado di causare un autentico terremoto nel mondo della telefonia e già messo all’indice da alcuni carrier che sperano di poter tutelare i propri interessi filtrandone il traffico. Skype è tutto questo, ma darne un valore iniziale per la quotazione sarà cosa estremamente difficoltosa. E se tutto ciò non bastasse, gli alti e bassi della borsa in un momento tanto delicato per l’economia potrebbero influire pensantemente su quel che sarà il valore teorico del gruppo prima che la legge della domanda e dell’offerta disponga le proprie sentenze.
E per condire ulteriormente il quadro con tinte fosche, bastano due nomi: Niklas Zennstrom e Janus Friis.
ZDNet è la prima voce in disaccordo. Sebbene sia presto per giudicare, l’analisi di Larry Dignan sembra ancora credere nella veridicità delle intenzioni bellicose di Zennstrom e Friis. L’IPO, insomma, sarebbe semplicemente una contromossa da parte di eBay per spingere eventuali possibili acquirenti ad alzare l’offerta. L’IPO sarebbe infatti un’arena troppo pericolosa per chi intende far proprio il gruppo: il tutti contro tutti è una battaglia poco prevedibile ed il prezzo stesso potrebbe fluttuare sulla spinta di speculazioni o iniziative terze in grado di contrastare qualsivoglia scalata. ZDNet crede in questa ipotesi: l’IPO come estrema ratio per spingere Zennstrom e Friis a farsi avanti con maggior decisione e, soprattutto, con maggior generosità.
L’ipotesi ZDNet apporta anche una ulteriore argomentazione alla propria tesi: l’IPO cadrebbe in momento poco favorevole, il che sarebbe una scelta poco intelligente e molto rischiosa. Il servizio è infatti in forte crescita e la quotazione potrebbe non riflettere per intero il valore del gruppo (ipotesi in parte bislacca, però: basti pensare a ciò che ha significato l’IPO per Google, partito da 80 dollari per azione e salito oltre quota 700); inoltre il piccolo azionariato è al momento poco propenso agli investimenti in borsa, e questa in fase di quotazione è una verità da tenere in stretta considerazione: una quotazione in questa precisa congiuntura attirerà probabilmente un certo tipo di domanda, evitando conseguentemente una eccessiva frammentazione della proprietà (con tutto ciò che può conseguirne per le successive oscillazioni del prezzo). Se davvero il momento non fosse proficuo, analisi che occorre però lasciare agli analisti di borsa, allora sarebbe confermata la pressione operata sul mondo esterno ad eBay per costringere i gruppi interessati a mostrare le loro carte. Strategia sopraffina o lucida scelta priva di altarini nascosti?
La borsa, nel frattempo, un primo responso l’ha già restituito: nelle contrattazioni after-hour le azioni eBay sono cresciute di poco più di 3 punti percentuali rispondendo positivamente al nuovo spirito del gruppo il quale, dopo mesi in balìa del pessimismo, sembra voler riprendere in mano il pallino del gioco. Questa nuova intraprendenza è stata premiata, ma trattasi solo della prima mossa su di uno scacchiere oltremodo complesso e che di qui al 2010 potrebbe vedere concretizzata qualunque mossa.
Inutile far dietrologie, ma la storia va ripercorsa. Zennstrom e Friis sono stati i fondatori di Skype e ne hanno retta la guida fino alla clamorosa acquisizione da parte del gruppo eBay per 2.6 miliardi di dollari (cifra in seguito riformulata a quota 3.1 miliardi). Dal 2005 ad oggi Skype ha continuato a crescere seguendo un ritmo in continua accelerazione grazie alla forza del brand, all’aumentato numero degli utenti utilizzanti la rete, grazie ad una maggiore diffusione della cultura degli strumenti del Web e grazie alle continue novità apportate al client. Skype è infatti sempre stato un passo avanti rispetto ai desideri del pubblico: la telefonia prima, l’interfaccia migliorata poi, le chiamate video in seguito. Oggi Skype è il non-plus-ultra delle chiamate grazie alla qualità del servizio ed alla prepotente dimensione della propria community: 400 milioni di utenti già iscritti per una media costante di oltre 10 milioni di connessioni contemporanee.
Quando il rapporto tra Skype ed eBay ha iniziato a scricchiolare con maggior serietà, ecco che la coppia Zennstrom/Friis è tornata improvvisamente a far capolino. Nei giorni passati infatti la coppia si è ripresentata sotto i riflettori ed il merito non è né di Kazaa (la loro prima creatura), né Joost (l’ultimo, e poco fortunato, esperimento). I loro nomi, invece, tornano in auge nel contesto ipotetico di un ritorno di fiamma per riacquisire Skype dalle stesse mani a cui è stato venduto pochi anni or sono. Magari con un prezzo di favore, perché no.
Gli analisti si son subito trovati su fronti opposti. Da una parte v’erano le rassicurazioni di chi vedevano Zennstrom e Friis attivi sul fronte della raccolta dei capitali per tentare la scalata alla proprietà di Skype; dall’altra si sono progressivamente fatti vivi coloro i quali hanno visto con estremo scetticismo questo ritorno di fiamma, francobollando come «improbabile» l’iniziativa di riacquisto ipotizzata. Conferme? Nessuna, in entrambi i casi. Ed in assenza di notizie i rumor fecondano.
Un primo scossone alla situazione giunge da StumbleUpon: 24 ore prima dell’annuncio dell’IPO per Skype si viene a sapere che StumbleUpon è tornato nelle mani dei primi fondatori, coloro i quali per 75 milioni di dollari l’hanno in passato venduto a Skype. Pochi i dettagli economici, ma il tutto sembra quasi essere un preludio ad una fine già scritta anche per Skype: divorzio consensuale e cessione a Zennstrom e Friis. Ma l’ipotesi è tanto perfetta da meritare una immediata e sonora smentita: nessuna cessione in atto, o quantomeno non nella formula ipotizzata. Skype, invece, verrà messa in pubblica offerta ed ogni singolo privato cittadino che crede nelle potenzialità del servizio potrà investirvi la propria somma per acquisire la propria quota di azionariato.
La storia di Skype ricomincia da qui, dunque. Da una avventura in solitaria che parte da Wall Street. Forse.