«Sicurezza e smart city è un binomio inscindibile. Non solo perché nessuna città può essere smart e nessuna comunità può essere intelligente se non garantisce ai suoi cittadini il diritto a vivere sereni, ma anche perché per tutelare il diritto alla sicurezza è necessario mettere in campo politiche e azioni che sono basate su concetti che sono a fondamento anche del paradigma della smartcity»: così Carlo Mochi Sismondi nel Position Paper per Finmeccanica “Smart Mobility: muoversi meglio per vivere meglio” (pdf). E continua: «Per prima cosa per avere una città sicura è necessario avere una visione olistica dell’ambiente urbano. Il livello di sicurezza non può infatti che misurarsi nel segmento più debole e l’approccio sistemico è l’unico possibile».
Il segmento più debole della sicurezza degli ambienti metropolitani è in larga parte identificabile nella rete stradale. La strada è infatti il luogo della mobilità, ove veicoli e persone incrociano le proprie direzioni, spesso e volentieri con l’aggravante della fretta. Sebbene sia in apparenza un sistema estremamente regolamentato, la strada è in realtà il regno del caos. Il motivo è nel fatto che la moltiplicazione degli stimoli e dei segnali (frutto non tanto della deregolamentazione, ma piuttosto di una iper-regolamentazione) ha reso il sistema difficilmente interpretabile, a maggior ragione se l’attore protagonista della scena è un elemento fallace quale l’essere umano.
Nel momento in cui si affronta il tema della sicurezza nelle città di domani, quindi, il punto focale da cui tutto prende il via è la sicurezza sulle strade: molte le cose da fare, molte le cose da capire, ma soprattutto c’è un intero ecosistema da rivoluzionare. Le regole vanno infatti riscritte, e queste ultime si porteranno appresso forti conseguenze sull’arredo urbano, nel rapporto con la tecnologia, nell’intraprendenza delle pubbliche amministrazioni e nella deresponsabilizzazione dell’elemento umano.
Smartcity, sicurezza come visione
La sicurezza, in questa fase evolutiva, sale di rango e diventa autentico dogma. Se in passato la sicurezza era una sorta di direzione approssimativa, uno degli aspetti con cui fare i conti (ma spesso il trade-off è stato appannaggio di altre prescrizioni), quando le funzioni vengono delegate alla tecnologia invece che all’uomo la pretesa è quella di compiere passi avanti anzitutto sul fronte delle garanzie. Se il sistema nervoso della città passa dall’uomo alle macchine, facendo leva su una frenetica opera di comunicazione tra gli elementi dell’Internet of Things, la sicurezza diventa non soltanto priorità, ma visione: un qualcosa da cui non si può prescindere, poiché necessariamente incarnato nell’approccio maturato.
Nel momento in cui ci si è posti questo punto fermo, tutto può avere avvio ed occorre iniziare declinando i vari aspetti relativi al concetto di sicurezza. In primis v’è la sicurezza dei veicoli, poiché gli incidenti possono facilmente tramutarsi in elementi di ostacolo in grado di rallentare (se non fermare) la circolazione; v’è inoltre la fondamentale sicurezza delle persone in auto, poiché l’incidente mortale è la peggiore delle macchie nel caos della mobilità; v’è inoltre la necessaria sicurezza dei pedoni, protagonisti di una mobilità alternativa a quella veicolare strettamente intersecata a quest’ultima.
I dati raccolti dall’European Transport Safety Council (ETSC) indicano in 7600 le vittime della strada tra pedoni e ciclisti nel solo 2013. Il gruppo ha raccomandato in conseguenza di tali cifre una serie di interventi che molto hanno a che vedere con la tecnologia: oltre ai test sulla tutela dei pedoni da applicarsi ai veicoli, la richiesta è quella di favorire i sistemi di assistenza intelligente alla velocità (Intelligent Speed Assistance) e il sistema automatico di frenata d’emergenza (Automated Emergency Braking)
La mobilità sicura è un impegno per tutti gli utenti della strada e automobilisti, conducenti, pedoni e ciclisti devono fare la propria parte con responsabilità e consapevolezza
Angelo Sticchi Damiani, presidente ACI
Responsabilità e consapevolezza, però, non sono sufficienti: i limiti umani vanno superati con l’assistenza della tecnologia. Occorrono dunque veicoli dotati di tecnologie innovative affiancati da strumenti che rendono la sicurezza un affare di sistema. Le città devono essere sicure “by design”, insomma: soltanto così si potrà asserire con reale convinzione che l’incidente è soltanto fatalità e non combinazione casuale di fattori certi che favoriscono l’ovvio insorgere di pericoli evitabili.
Digitalizzazione come metodo
Per arrivare ad una maggiore sicurezza della viabilità si passa attraverso la digitalizzazione dell’esistente. Trasformare la realtà analogica in massa di dati digitali significa mettere mano alle situazioni facendo leva su Big Data, potenza di calcolo e strumenti automatici. Le potenzialità dell’uomo sono dunque accresciute grazie al computing, poiché l’uomo diventa cyborg proprio grazie a questo passaggio: i sensi sono potenziati da appositi sensori, l’intelligenza è potenziata dagli algoritmi, la reattività è potenziata da strumenti di assistenza alla guida e l’attenzione è certificata in tempo reale da appositi elementi di monitoraggio.
Trasformare la realtà in stringa numerica significa creare un layer digitale aderente alla realtà analogica, consentendo alle macchine di leggere quel che accade facendo leva sulle loro peculiarità: la rapidità, l’esattezza e l’oggettività analitica. L’uomo è intelligente nella misura in cui conosce le proprie debolezze e vi interviene con strumenti in grado di trasformare il rischio in opportunità.
La digitalizzazione diviene pertanto il primo passo, metodo incarnato nei processi di monitoraggio dell’esistente e conferma del principio per il quale tutto è misurabile in quanto reale (e viceversa).
Un contesto digitalizzato e controllato, giocoforza deve essere sicuro. Qualora non lo fosse, infatti, sarebbe dimostrata la fallacia dei processi a monte. La sicurezza della mobilità del futuro è dunque incarnata nella sua stessa concezione: come un software può definirsi perfetto quando non evidenzia più alcun bug, così la smart mobility di domani deve garantire sicurezza a chi utilizza le strade per i propri spostamenti. Altrimenti occorre riprendere in mano il codice sorgente, alla ricerca dell’errore o dell’eccezione che ha creato il crash.
L’auto integrata
Per arrivare ad elevare il paradigma della sicurezza nel contesto delle smartcity, occorre trasformare le entità autonome in entità profondamente integrate nel sistema circostante. Affinché i singoli possano muoversi all’interno di un contesto controllato, insomma, i singoli devono far parte del medesimo contesto, parti proprie di una visione olistica che considera pedoni, auto, incroci e cartelli stradali alla stregua di attori nella medesima scenografia. Ognuno ha un suo ruolo, ognuno ha un suo carattere, ma tutto funziona soltanto nella misura in cui ogni ruolo è rispettato affinché la trama possa arrivare linearmente alla fine.
L’auto connessa è un’auto integrata: la connessione è ciò che abilita l’interscambio informativo tra i vari elementi, ed in questo contesto l’auto always-on diviene un elemento essenziale. La piena sicurezza delle strade deve percorrere questo passo: la connettività e l’intelligenza di bordo sono gli asset sui quali si può costruire una sicurezza di livello superiore.
La sicurezza del futuro non è infatti soltanto emergenza: è previsione (tramite lo studio dei flussi del traffico), è monitoraggio, è analisi. Anticipare le situazioni di pericolo potenziale significa limitarne l’insorgere. Perché sarebbe sciocco pensare che l’incidente possa essere mera casualità: ogni intoppo alla fluidità del sistema ma considerato piuttosto come un sintomo di un errore di programmazione, da verificare prima che il “bug” possa ripresentarsi con conseguenze eventualmente drammatiche. Senza scomodare la legge della Varietà di William Ross Ashby, ma traendone diretta ispirazione, si può pertanto asserire come soltanto un sistema computazionale complesso possa avere le potenzialità necessarie per controllare un sistema ricco e complicato come quello della mobilità urbana.
Tutto ciò allo stesso modo di come l’ordine è l’unica soluzione al caos. E di come solo le smartcity possano essere dunque la soluzione al disordine delle odierne aree metropolitane.