Un nuovo studio negli ultimi giorni ha rianimato paure che sembravano parzialmente sopite nel tempo: lo sviluppo dei carcinomi può essere legato all’uso degli smartphone? Possono le radiazioni portare a mutazioni potenzialmente pericolose, causando effetti deleteri per la salute dell’uomo? Di fronte a queste paure spesso la reazione è fuori proporzione, sconnessa e istintiva: poco viene lasciato alla ragione e all’approfondimento. I media hanno le loro responsabilità, ma quando la paura si fa virale allora ecco il passaparola velocizzarsi e farsi vettore di malainformazione.
La ricerca che ha fatto parlare di sé (pdf) è uno studio finanziato dalle istituzioni USA e diretto dal National Toxicology Program (NTP). Le conclusioni a cui è giunto lo studio non sono state unidirezionali né sanno spiegare in modo chiaro la situazione (non a caso fin dal titolo parla di “partial findings”), tuttavia non negano la possibilità che possa esserci correlazioni tra il segnale dello smartphone e l’eventuale carcinoma di un suo utilizzatore. Basta questo per riaprire il dibattito, poiché a chi sta dalla parte dell’accusa non servono argomentazioni molto più complesse del “potrebbe essere”. Le paure a questo punto sfociano in due ordini di conseguenze: da una parte ci sono gli effetti positivi, quelli che consigliano ulteriori ricerche e ulteriori approfondimenti nel nome della scienza; dall’altra ci sono allarmi immotivati che si nutrono di timori non confortati da prove né motivati da oggettive situazioni di pericolo conclamato.
L’esperimento da cui nasce il tutto è stato condotto su una selezionata popolazione di ratti che è stata fatta vivere per tempo in condizioni specificatamente pensate per il test: ogni 10 minuti ogni singolo ratto è stato sottoposto a radiazioni (900 e 1800 Mhz) al fine di misurare l’emergere di carcinomi che potessero essere legati alle radiazioni create. La statistica doveva restituire sentenze, insomma, e invece ha restituito ulteriori indizi da mettere a disposizione della scienza. Ad esempio è stato riscontrato l’insorgere di alcuni particolari carcinomi che già altre indagini precedenti avevano segnalato come più frequenti (al cervello e al cuore). Al tempo stesso, però, la popolazione femminile è stata misteriosamente esclusa dall’insorgere di tali patologie ed inoltre la frequenza dei problemi è stata molto maggiore con radiazioni di tipo CDMA che non di tipo GSM.
Questo tipo di test, quindi, non sembra consentire alcuna conclusione e alcun intervento normativo ulteriore rispetto agli standard già in essere. Semmai tali ricerche non fanno che ribadire la bontà dell’approccio tenuto dall’Organizzazione Mondiale della Salute, da cui fin dal 2011 giunge semplicemente un importante principio di cautela: sebbene non sia chiara la correlazione tra uso degli smartphone e insorgere di carcinomi, al tempo stesso tale legame non sembra poter essere negato.
Per tale motivo si consiglia di utilizzare sempre e comunque gli auricolari, di non fare un uso prolungato dei device e di non avere lo smartphone vicino a sé per periodi prolungati (ad esempio in tasca). Tutto ciò non per evitare problemi che la scienza ha comprovato, anzi , ma per un semplice principio di cautela: in attesa che sia la scienza a spiegare come, quando e perché gli smartphone possano rendersi pericolosi per la salute dell’uomo, quel che si può fare è adottare abitudini che possano ridurre (se non abbattere completamente) i fattori di rischio potenziali. Ogni allarmismo sarebbe irrazionale e ogni intervento normativo non sarebbe supportato da argomentazioni solide: quel che più è utile, invece, è una sana consapevolezza circa la realtà degli studi odierni.
Non sia la paura a frenare l’innovazione, soprattutto quando i benefici vanno ben oltre l’inconsistenza di timori non supportati da evidenze. Sia invece la paura a corroborare gli sforzi della scienza ed a motivare l’approfondimento di test in grado di evidenziare la reale natura delle radiazioni e dei loro effetti sul corpo umano: si tratta di una via obbligata sulla strada di un mondo sempre più “wireless” e sempre più connesso.
I risultati conclusivi della ricerca non saranno disponibili prima del 2017. A quel punto se ne saprà di più circa le evidenze dell’esperimento e circa eventuali passi avanti nella ricerca che possano rendere l’uso dei device completamente libero da timori di qualsivoglia origine.