Uno studio americano sta facendo molto parlare di sé, anche perché sembra rispondere a delle abitudini che ciascuno di noi aveva sin qui intravisto ma sottovalutato: il Web ci sta facendo perdere la memoria.
Il principio è semplice: se è così facile reperire informazioni, che senso ha sforzarsi di memorizzarle? È quanto emerso da una ricerca pubblicata sulla rivista Science da Betsy Sparrow della Columbia University.
Utilizzando una serie di test abbastanza noti nell’ambito delle ricerca scientifica, la ricerca è arrivata alla conclusione che Google e compagnia sta cambiando il nostro cervello, erodendo la nostra capacità mnemonica.
“Il Web è diventata la nostra memoria transattiva, che memorizza per noi informazioni che potremo ritrovare quando vogliamo senza prenderci la briga di memorizzarle. Stiamo diventando simbiotici con i nostri strumenti informatici.”
Questa conclusione è dovuta all’incrocio di quattro test. Nel primo, è stata calcolata la lentezza in cui gli studenti coinvolti nello ricerca hanno verbalizzato il colore dei termini legati alla Rete (come Yahoo).
Nel secondo, i volontari hanno letto 40 domande e rispettive risposte, ma a metà del gruppo, però, aveva detto precedentemente che il computer le avrebbe salvate, mentre l’altra metà è stata informata che non sarebbero state salvate. Interrogati su quelle domande, il secondo gruppo, ovviamente, ha dato il maggior numero di risposte correte.
Il terzo e quarto test hanno incrociato domande risposte e cartelle del PC dove salvarle. Il risultato è sempre stato lo stesso: gli studenti non sanno più ricordare le informazioni, ma sono eccezionali nel ricordare dove le hanno messe.
Insomma, Internet, i motori e il Web 2.0 non fanno male alla memoria umana, in sé, ma l’hanno esternalizzata, impigrendo le nostre capacità naturali. Ma c’è un dato interessante: la memoria collettiva è sempre stata molto efficiente nel trasportare la conoscenza, e in fondo le società di un tempo si basavano su questo meccanismo (celebre lo stratagemma degli “uomini libro” in Fahrenheit 451).
Quello che conta, è che non ci sia mai un black out, perché se perdessimo la Rete e tutte queste informazioni, rischieremmo, a questo punto, di perderci in uno scuro oblio.
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