La Social Media Week 2015 ha avuto inizio. La location d’eccellenza è quella della Casa del Cinema di Roma, ove attorno al tema della “Mobile Connected Class” ruotano personaggi, approfondimenti, incontri, dibattiti e workshop che animeranno l’evento per l’intera settimana.
L’apertura è nelle mani di Alessio Jacona, il quale ha offerto l’aperitivo: un assaggio dei temi affrontati durante l’intero evento, presentandone le direttrici principali ed estrapolando dai relatori le prime anticipazioni. Il tema del mobile è il cuore della Social Media Week in relazione al modo in cui il la dimensione mobile si insinua in modo “disruptive” nella quotidianità delle persone. Non è soltanto evoluzione, non è soltanto rapido cambiamento: è un cambio di prospettiva, è una rivoluzione dei processi, è un qualcosa con impatto sociale storico.
Linda Lanzillotta
La senatrice Linda Lanzillotta è tra le prime a dare il proprio contributo al dibattito. Pungolata da Jacona sul tema dell’innovazione, Lanzillotta ha immediatamente focalizzato l’innovazione come qualcosa di afferente a tempo e velocità, come ad una sorta di intervento in grado di plasmare queste dimensioni in favore di una più agevole vita nello spazio di tutti i giorni.
I social media, nuova grande realtà del mondo online, sono però anche elementi distorsivi che non è possibile ignorare. Mentre fungono da acceleratori e facilitatori di incontro e scambio culturale, sono anche in grado di deviare la percezione del mondo esterno da parte delle persone. I social media sono ad esempio un ruolo tanto ricco di informazioni quanto povero di approfondimenti, luoghi di scambio feroce nel quale raramente le discussioni riescono a voltare costruttivamente verso una conclusione risolutiva. Al tempo stesso, il problema si presenta anche nel mondo della politica, ove si vive all’interno di una campagna elettorale permanente in cui si tende a dare in pasto all’elettorato soluzioni facilmente sintetizzabili (ma non per questo necessariamente di valore) e spesso non in grado di reggere l’impatto con il lungo periodo.
Di una cosa Linda Lanzillotta si dice certa: non c’è vera innovazione se il cambiamento non coinvolge direttamente e pienamente la pubblica amministrazione. La velocità dell’una e la lentezza dell’altra tendono a creare attriti di difficile compensazione, un tira e molla continuo che spesso si è risolto nell’inerzia dovuta all’impossibilità di allineare pulsioni e resistenze. E quand’anche l’innovazione possa avere la meglio, le istituzioni dovrebbero fare i conti con l’impatto sociale che questa potrebbe avere: un cambiamento nelle funzioni, un rinnovamento nei parametri di assunzione, una spinta al cambio generazionale che potrebbe creare una sorta di neo-luddismo nei confronti del digitale. Anticipare e risolvere questo tipo di situazioni potrebbe essere fondamentale elemento facilitante.
Francesco Sacco
Al centro dell’introduzione di Francesco Sacco, SDA Bocconi, v’è una analogia forte e originale: l’innovazione mobile vista come la nuova “rivoluzione francese”. In comune questi fenomeni hanno una sorta di casualità nell’emersione iniziale, la dirompente forza successiva e soprattutto la capacità di stravolgere i meccanismi antecedenti ribaltandone la direzione. Così come il 1700 è stato il secolo in cui gli ordini del passato sono stati abbattuti e ghigliottinati in favore di un baccello ideale di democrazia, il nuovo millennio rappresenta la nuova restituzione di potere alle persone dopo decenni di media mainstream.
Il mobile mette decisioni e processi nelle mani dei singoli, offrendo loro nuovo potere. Si tratta di una rivoluzione capillare ed estremamente diffusa, toccando ogni luogo in cui le persone siano dotate di un telefono cellulare e con questo sappiano estendere le proprie opportunità.
In Italia tutto ciò cela un potenziale enorme, spesso sottovalutato: la sensibilità nuova che si respira sui temi dell’innovazione, oltre ai grandi finanziamenti promessi dal Governo per stimolare la Banda Larga, sono i segni di una volontà di cambiamento che si sente sempre più radicata. Il mobile, ove l’Italia eccelle fin dal primo giorno, può rappresentare per il tricolore una occasione fortunosa e improvvisa, da cogliere al volo: se il Paese ci riuscirà, avrà saltato molti step in un colpo solo, recuperando terreno laddove è rimasta al palo. L’innovazione del resto non ha mai una direzione né un ritmo lineari: è il luogo dove tutto è possibile nella misura in cui ci si pone orizzonti più o meno lontani entro cui confinare le ambizioni e la comprensione del contesto circostante.
Disruption anche nella mobilità
La mobilità è uno degli ambiti che più di ogni altro si dimostra sensibile al grande cambiamento tecnologico in atto. A tratteggiare la dimensione del fenomeno è Angelo Brienza, AVIS noleggi, il quale vede nell’innovazione una strada alternativa che può regalare percorsi di grande accelerazione.
Il discorso è proseguito da Carlo Maria Medaglia (Agenzia per la Mobilità di Roma), il quale sottolinea come in passato si tentasse di porre rimedio ai problemi della mobilità con due modalità: nuovi divieti o nuove infrastrutture. I divieti rappresentano un modo per plasmare il traffico nel tentativo di diluirlo, ma sommariamente altro non sono se non ostacoli; le nuove infrastrutture sono invece interventi estremamente lenti ed estremamente onerosi, dunque di difficile adozione soprattutto in momenti di difficoltà economica. L’innovazione è invece l’alternativa, poiché consente di opporre l’intelligenza alla potenza dell’intervento.
Strumenti intelligenti di gestione del traffico quali l’infomobilità, il car sharing o altri fenomeni inerenti, possono consentire il rapido raggiungimento di obiettivi ambizioni, sciogliendo nodi che nessuna infrastruttura avrebbe altrimenti risolto.
Il car sharing è uno degli strumenti che si sono imposti (Roma in particolare è uno dei maggiori bacini per Enjoy e Car2Go), ma a monte v’è altro: le auto in condivisione, infatti, altro non sono se non il frutto di una riprogettazione generale della mobilità del passato. In particolare, si tratta di una sorta di staffetta tra pubblico e privato: le istituzioni creano la piattaforma e mettono in condivisione open data sulla mobilità urbana, i privati invece vi costruiscono su iniziative imprenditoriali motivate da logiche di mercato, cercando un punto di equilibrio tra le parti che possa favorire gli utenti e le loro scelte verso una mobilità più facile, sostenibile ed efficiente.
Ford, mobile e mobilità
Ford, il gruppo che ha creduto maggiormente nell’evento, porta alla Social Media Week la propria approfondita e lucida analisi sulla mobilità del futuro. Una mobilità che sarà connessa, che sarà sostenibile, che sarà innovativa, ma anche intelligente e sicura. Trattasi di caratteristiche proprie del DNA della mobilità che verrà, asset irrinunciabili per riscrivere il settore trovando le risposte alle domande che il mercato pone.
Ford sta già portando avanti vari iniziative di mobilità alternativa in tutto il mondo, con 25 esperimenti in essere in varie città per misurare su ogni singola esigenza quale possa essere la risposta più adeguata. Non una procedura lineare, insomma, ma un avvicinamento empirico focalizzato su ricerca, sperimentazione, verifica e applicazione.
Lo smartphone è l’elemento attorno al quale Ford vuole costruire il rapporto tra l’uomo e l’auto: è il dispositivo che virtualizza il guidatore, ne certifica l’identità, ne archivia i gusti, ne raccoglie le abitudini. Le auto dovranno essere pertanto always-on, in grado di dialogare con il mondo esterno (altrimenti la guida non sarà mai realmente autonoma), fungeranno da sensori e collettori di Big Data e cambieranno completamente l’esperienza odierna di viaggio. Per far ciò, Ford ha scelto la via maestra della piattaforma aperta: l’auto non può e non deve imporre all’utente una scelta univoca, ma deve anzi consentire a qualsiasi software e qualsiasi hardware di poter dialogare con il sistema di bordo senza limitare le scelte o i gusti delle persone.
Social media, la forza dei numeri
La chiusura dell’appuntamento introduttivo alla Social Media Week è affidato agli interventi di Laura Bononcini (Facebook Italia), Marcello Albergoni (LinkedIn Italia) e Riccardo Luna (Digital Champion): la linea comune dei tre interventi è nella constatazione del fatto che il mobile è ormai un trend totalizzante, che dovrà coadiuvare la comprensione della “Generazione Y” e che non dovrà escludere invece chi arriva dal millennio precedente. Iniziative di evangelizzazione alle nuove tecnologie devono quindi continuare: così come Facebook ha fatto molto per portare online gli italiani, ogni ulteriore buona idea può completare l’opera abbattendo le resistenze degli ultimi “digital divisi” che stanno perdendo la grande opportunità dell’online.
Ma non tutto è zona d’ombra: gli italiani online sono in crescita, le attività sui social media sono forti e tutto ciò non può che concimare una base destinata a fiorire. 21 milioni di persone si collegano a Facebook almeno una volta al giorno. Per farlo, o hanno un computer, o hanno installato un’app, oppure utilizzano un browser. In ogni caso per passare qualche minuto su Facebook hanno imparato più digitale di quanto innumerevoli iniziative di sensibilizzazione non abbiano saputo fare negli anni antecedenti. Ma del resto la logica è esattamente questa: con il digitale non c’è efficacia se non c’è dinamica bottom-up. Ed anche in questa rivoluzione del mobile è la pulsione dei singoli a far la parte del leone.