“Social notworking”, ovvero come perdere ore e produttività lavorative distraendosi su Facebook. Il geniale titolo è di Sam Diaz per ZDNet, ma il report in esame è a firma della Nucleus Research. La ricerca ha voluto approfondire come ed in che misura i lavoratori utilizzano Facebook in ufficio. L’obiettivo, ovviamente, è tentare di capire in che misura il social network possa influire sulla produttività e quanto possa essere consigliabile un eventuale filtro per bloccare gli accessi a Facebook o altri social network nelle ore di ufficio.
Inevitabilmente, infatti, l’accesso ai social network determinano un costo diretto sulle aziende. Da una parte vi sono le ore perdute in chat e “mi piace”, dall’altra v’è la distrazione del dipendente che ferma il normale flusso lavorativo per controllare la propria bacheca. Sebbene non tutti concordino sull’effettiva validità dei numeri (una distrazione può anche essere positiva, se contenuta e non invasiva), sono proprio le cifre a determinare la dimensione di un fenomeno destinato ad ulteriori analisi in futuro:
- il 77% dei lavoratori ha un account su Facebook;
- i 2/3 dei lavoratori aventi un account su Facebook vi accedono nelle ore di lavoro;
- chi accede a Facebook durante le ore di lavoro vi impegna circa 15 minuti al giorno;
- l’87% di coloro i quali accedono a Facebook durante le ore di lavoro non hanno un motivo valido per motivare il tempo perduto: l’accesso esula pertanto da motivazioni legate all’ambiente lavorativo e sono configurabili come semplice svago;
- 1 lavoratore su 33 ha costruito l’intero proprio profilo su Facebook durante le ore di lavoro.
La stima Nucleus Research valuta come il “social notworking” pesi per l’1.47% sulla produttività totale dei lavoratori, costo che quindi va a ripercuotersi direttamente sui conti aziendali. Il dato va però commisurato alla realtà lavorativa: in certi casi, ad esempio, Facebook è una realtà di promozione o addirittura una piattaforma per contatti e scambio di messaggi. «Sebbene non necessariamente negativo, Facebook non è però monitorato e gestito dalle organizzazioni quanto lo sono le email. […] Nelle organizzazioni che investono in software per la sicurezza […] Facebook può aiutare ad aggirare i controlli, aprendo a potenziali violazioni delle regole di comunicazione corporate».
Il monito della Nucleus Research, dunque, non è tanto relativo al tempo passato sui social network, quanto più sulle modalità di attuazione di questa attività: spesso trattasi infatti di elemento ignorato e sottovalutato, mentre potrebbe diventare anche una preziosa risorsa se solo adoperata secondo buon senso ed in contesti sicuri. In ballo, ad oggi, v’è qualcosa come l’1.5% della produzione.