Sony ha chiuso definitivamente il caso rootkit. La procedura seguita è quella di un patteggiamento con i vari stati coinvolti, ammettendo così implicitamente la colpa ed ottenendo la sospensione delle indagini pagando quanto concordato.
Il problema insorse nel momento in cui si scoprì che Sony adoperava un “rootkit” all’interno di alcuni propri CD musicali. Il rootkit si installava nei pc all’interno dei quali i CD erano immessi, il tutto tenendo completamente all’oscuro l’utente di quanto operato. Alla scoperta del caso, firmata Mark Russinovich (Sysinternals), esplose lo scandalo e Sony si trovò immediatamente circondata di denunce e dita puntate: l’operato era stato condannato, prima che da una corte, dalla pubblica opinione.
Il primo passo fu l’immediata sospensione della produzione di altri CD con tecnologia XCP. In seguito si procedette ad un piano di sostituzione dei CD già immessi sul mercato. Ad aggravante della situazione si scoprì un trojan in grado di sfruttare il rootkit Sony per causare problemi ai sistemi attaccati, il che moltiplicò l’allarme e diede il colpo di grazia alla difesa Sony.
La vicenda si chiude con oltre 4 milioni di euro per il patteggiamento con circa 40 stati USA, il che si aggiunge al precedente milione e mezzo già formalizzato. L’errore è costato a Sony 5 milioni di dollari, il ritiro e la sostituzione dei CD ed un danno di immagine difficilmente quantificabile: difficilmente i rootkit torneranno a far capolino nel mondo musicale sotto questa forma.