Nella conferenza stampa del CEO Sony, Kazuo Hirai, il gruppo non ha saputo dare indicazioni circa i motivi e l’origine dell’attacco subito dai server del PlayStation Network. Tuttavia il gruppo si sente di poter escludere quella che sembrava poter essere la prima e la più accreditata delle ipotesi: l’attacco non è frutto dell’opera degli Anonymous.
L’ipotesi ha preso corpo sulla scia delle minacce che gli Anonymous avevano inviato nella direzione di Sony quando il gruppo ha iniziato la propria pressione legale nei confronti di George Hotz (autore del jailbreak della PlayStation 3). Nel momento in cui i server sono stati spenti e Sony non ha fornito spiegazioni immediate al black-out, da più parti si è guardato subito agli Anonymous nell’attesa di una rivenditazione. Rivendicazione che, però, non è mai arrivata.
Tanto gli Anomymous quanto GeoHot, anzi, hanno negato ogni coinvolgimento nella vicenda. La conferma della loro versione giunge ora da parte del CEO Sony, il quale non sa però fornire al momento informazioni aggiuntive: le indagini sarebbero ancora in corso ed il gruppo si limita al momento a spiegare che l’attacco è stato estremamente sofisticato. Sony, inoltre, non se la sente di negare la possibilità per cui singoli componenti degli Anonymous possano aver agito individualmente. Questione di motivazioni, che il gruppo giapponese non sa al momento definire: gli Anonymous non sembrano poter essere correlati con una iniziativa che potrebbe a questo punto essere basata più sulla ricerca del riscatto che non su elementi di altra natura.
Sony sta lavorando in queste ore per il ripristino del PlayStation Network, che dovrebbe ritornare in attività entro la fine della settimana. Gli utenti avranno a disposizione contenuti e servizi gratuiti che il gruppo metterà a disposizione per “scusarsi” dell’accaduto. Ogni utente potrà accedere al proprio account soltanto dopo aver aggiornato il sistema e modificato la password in uso.