I disegni di legge per proteggere il copyright e collegato inasprimento delle pene? Inutili. Un rapporto della RIAA (l’industria musicale americana) datato 26 aprile 2012 – che non doveva diventare di dominio pubblico – è trapelato ed ora sta mettendo in imbarazzo i vertici dell’associazione: nel documento si rivela anche la strategia anti-pirateria immaginata per il futuro.
Lo stesso CEO Cary Sherman, che solo un anno fa denunciava sul New York Times come i siti di download illegale erano responsabili secondo lui di 15mila licenziamenti e del mancato investimento nella nuova musica, e che si diceva a favore delle leggi contro «i siti canaglia di altri stati», ora dopo lo scoop di TorrentFreak non può nascondere che il suo vice, Victoria Sheckler, pochi mesi fa durante una relazione sulla pirateria musicale ha dimostrato la loro inutilità, contraddicendolo del tutto.
Dopo aver mostrato alcuni dati sull’economia legata alla musica online (dove si evidenzia, ad esempio, che del 65% di musica non pagata solo il 15% riguarda il P2P), arriva la sesta di 24 slide, quella clamorosa: SOPA e PIPA sarebbero state inutili. Secondo questo rapporto, una legislazione che pretende di prevenire le violazioni estere ha molte debolezze, ma soprattutto il parere fortemente contrario di Google ha spostato l’ago della bilancia:
Il no di Google è diventato virale, i disegni di legge sono morti e gli oppositori li hanno usati per contrastare altri progetti sul copyright.
Secondo alcuni attivisti, in realtà non deve stupire questa presa di posizione: la RIAA non era tra i sostenitori più fanatici di SOPA e consimili, ma resta un grosso punto a favore sapere che secondo i vertici dell’industria musicale queste leggi non sono efficaci, e per le medesime ragioni (si scopre leggendo nei dettagli il report) che in quei mesi furono tacciate come «ideologiche» e facenti parte di una «campagna di disinformazione».
La seconda parte del report (si può scaricare qui) è altrettanto interessante. In essa si scopre il six strikes plan, il piano della RIAA che si basa su un nuovo concetto: lasciarsi alle spalle la logica delle tre violazioni prima del sequestro della connessione, e puntare tutto su una interpretazione del DMCA (Digital Millennium Copyright Act), la base della legge sul copyright americana – quella per intenderci che regola le violazioni ai DRM – e che ha ispirato la direttiva europea del 2011.
Secondo questa interpretazione, è possibile sospendere un IP dopo sei comunicazioni (alert) senza alcuna richiesta da parte degli interessati, ma per legge che responsabilizza gli intermediari, cioè i provider. In altri termini, la RIAA ha rivelato di avere intenzione di convincere gli ISP di dover applicare la sospensione del servizio Internet ai loro utenti senza alcuna nuova legge, ma semplicemente per recidiva, come si spiega nella slide 11.
Che possa essere accettata e funzionare è tutto da dimostrarsi.