La funzione SafeSearch di Google, ideata per filtrare i siti per adulti ed impedirne l’accesso ai bambini, è un po’ troppo zelante. Secondo un rapporto del Berkman Center dell’Università di Harvard, tra le maglie del filtro si impiglierebbero anche pagine totalmente innocue, come quelle della Casa Bianca o della Biblioteca del Congresso.
La colpa di questo comportamento starebbe proprio nel leggendario algoritmo di Google, istruito per comprendere automaticamente quali pagine sono adatte ai minori e quali no. L’utilizzo di un algoritmo matematico, ovviamente, riduce i costi di gestione del filtro, ma lo espone ad errori che la mano umana avrebbe probabilmente evitato.
«Se Google assegnasse qualcuno dei suoi capaci dipendenti a questo compito, farebbe un lavoro migliore», ha dichiarato l’autore dello studio, Ben Edelman. Ma Google si difende dicendo che il suo filtro è progettato per sbagliare, se è il caso, in eccesso piuttosto che in difetto. «Il fatto», spiega David Drummond, vicepresidente per lo sviluppo del business di Google, «è che SafeSearch è un’opzione a richiesta. Chi la attiva si preoccupa molto di più di ciò che potrebbe passare che non di quello che viene escluso».