Si dice che il web debba molto al mondo della carta, così come c’è ormai molta informazione e pubblicità cartacea ispirate dal web. Ma che succede quando il meglio del web viene stampato sulla carta? L’idea è di un’altra startup italiana ospite del Salone di Torino, SPAM, che si è inventata un magazine di altissima qualità e basato sulla reltà aumentata.
Carta di qualità, uscita trimestrale, impaginazione strepitosa, distribuito in più di cento luoghi a Milano tra ristoranti, negozi, librerie, biblioteche, locali, teatri, musei. Gratuitamente. SPAM Magazine è la scommessa di Federico Mirarchi, Roberto Piazza e Roberta Marchesi. Il primo founder, gli altri due soci della startup, tutti con esperienza nel mondo della pubblicità e intenzionati a creare una rivista diversa. Con SPAM ci sono riusciti senz’altro, dato che invece di cavalcare il trasloco carta-online hanno in pratica fatto il contrario, ideando una crossmedialità che vuole smentire il luogo comune secondo il quale se un contenuto esiste sul web riportarlo fisicamente costa soltanto di più. Così però non le pensa Mirarchi, che a Webnews racconta questo magazine che può rappresentare un altro lato nascosto dell’editoria che verrà.
Spam è un magazine davvero molto bello da sfogliare, ma perché non è un ebook?
Perché noi siamo d’accordo con Umberto Eco: quelli sono formati più adatti alla lettura verticale. Quando però punti sulla lettura lenta, sulla lettura come piacere, la carta è imbattibile.
La tecnologia dell’inchiostro elettronico è ormai paragonabile alla lettura su carta, però è in bianco e nero e non ha l’augmented reality…
Esattamente. Se si vuole il colore, l’interattività, ma si vuole l’esperienza di lettura tipica della carta, la soluzione non è riprodurre male col web quello che ti darebbe la rivista, ma dare alla rivista il meglio che ti dà il web.
Di fatto SPAM è un selezionatore di fonti: i link che mostrate sul sito sono, peraltro, anche curiosi: che rapporto avete con questi blogger?
La lista di fonti è destinata ovviamente ad allungarsi, perché nessuna di queste fonti è utilizzata per più di un numero. Ogni numero è realizzato in base a fonti e contenuti riportati una volta sola, quelli che ritieniamo essere i migliori. Gli autori di questi contenuti sono contattati e chiediamo loro se sono interessati.
È una licenza?
No, non sono pagati. Spieghiamo loro cosa comporta in termini di visibilità, e se abbiamo l’ok costruiamo l’informazione arricchendola con i contenuti multimediali personalizzati.
Si scarica un’applicazione che permette di entrare nel mondo dei contenuti aggiuntivi, che non sono i banali link alla fonte originaria. Sono studiati da voi?
Facciamo tutto noi, a parte qualche consulenza proprio sulla parte multimediale, che comunque seguiamo. Se si legge un reportage su un certo paese, usando l’applicazione si apre un video, oppure si crea un’immagine 3D e tante altre idee.
Business model?
Gli inserzionisti, che hanno anch’essi advertising multimediale trasmesso ai lettori di una rivista stampata in diecimila copie e distribuita in cento luoghi di Milano scelti personalmente da noi. La pubblicità copre il magazine, che così è free press. Una delle sfide principali è proprio far passare il concetto che free press non equivale a stampa-spazzatura.
Sembra un prodotto ideale per città grandi e anche colte: Firenze, Bologna, Roma… Ci andrete? In fondo i vostri contenuti non sono locali e sono parecchio smart…
Sbarcheremo sicuramente nella capitale entro la fine dell’anno e poi puntiamo ad altre città.