Sette provvedimenti cadono come macigni sul mondo dello spam. Database congelati, ricerche in corso per eventuali ulteriori trattamenti illegali dei dati personali. Il Garante della privacy usa il pugno duro ed ora è plausibile l’ipotesi per cui il giudizio ora entri in ambito penale con pene fino a due anni di reclusione.
L’intervento del Garante, ampiamente anticipato dalle dichiarazioni d’intento espresse più volte, va a colpire 7 aziende colpevoli di aver raccolto indirizzi e-mail da siti ed ambienti di discussione (forum, chat, newsgroup) per poi dare luogo ad un massiccio e non autorizzato invio di messaggi pubblicitari.
L’indirizzo e-mail è un dato personale, e pertanto ogni uso va autorizzato: in tal senso il Garante Stefano Rodotà è stato esplicito, e l’iniziativa si configura come un vero e proprio giro di vite sul mondo dello spam.
In attesa del giudizio (gli indagati dovranno dimostrare le modalità di reperimento degli indirizzi e l’uso che ne è stato fatto) ogni attività spammatoria è stata bloccata e per gli inquirenti si configura ora una fitta attività di ricerca atta a dimostrare come i singoli invii non siano stati espressamente richiesti dal ricevente.
Vengono anche ventilate azioni penali: «Durante il “blocco” le società devono sospendere ogni trattamento dei dati personali effettuato in modo illecito e non corretto e conservare i dati nello stato in cui si trovano. La violazione del provvedimento di blocco prevede la reclusione da tre mesi a due anni».