«Entro il prossimo anno, aprire una pagina web e non sentirne la voce sarà come accendere una tv senza l’audio», questa la previsione del gruppo Speakage.com, azienda con nome anglosassone, sede londinese e titolare italiano: Marco Camisani Calzolari, in arte “Uno Puntozero”, 34 anni, ingegnere informatico. Il nome del gruppo è salito velocemente sugli altari delle cronache per la grande “rivoluzione” promessa: introdurre la voce nei siti web.
Il meccanismo è semplice: tramite testi suggeriti o lasciati in progettazione ad esperti del sistema è possibile mandare in streaming una voce che aggiunge informazioni a quelle proposte tramite immagini e testo. Il file, leggero e riprodotto durante il download dello stesso, parte quasi istantaneamente all’apertura della pagina ed un piccolo controller ne permette la gestione delle varie opzioni. Il tutto è posto in essere tramite oggetti Flash.
Il sistema è ben progettato e l’illustrazione è articolata in tutta la varietà della proposta: è possibile scegliere ad esempio vari timbri di voce, creare banner o guide e-learning, usare la voce per le più svariate utilizzazioni web. A corredo del tutto un sondaggio, commissionato dalla stessa società, dimostrante come ben il 65% degli utenti dichiara di gradire l’introduzione della voce nelle pagine della Rete.
L’unico giudizio insindacabile sarà quello del mercato, come sempre. A priori è possibile solo prendere atto della novità e suggerire tuttavia alcuni piccoli dubbi di matrice filosofica (nel senso più proprio del termine). Aggiungere la voce nel web, infatti, sicuramente offrirà maggior multimedialità (multimedia = molteplicità di canali comunicativi) alle pagine dotate del sistema, contribuendo alla convergenza mediale a tutt’oggi in atto. Contemporaneamente, però, si rischia di (prendendo a prestito una famosa espressione propria della teoria delle comunicazioni) “restituire all’orecchio ciò che è dell’occhio“, procedendo dunque in senso contrario rispetto a quella che è l’attuale tendenza in corso propria di un’era sempre più marcatamente post-moderna.
Se nel mezzo è logicamente impossibile e fuorviante interleggere colpe o meriti, il dubbio che permane è circa il buon utilizzo che i progettisti del web possano fare del sistema nel breve periodo. Le applicazioni buone possono essere molte (e sicuramente una certa utilità per utenti non vedenti è innegabile), ma gli equivoci circa un uso non ponderato del tutto configurano il rischio maggiore: imitare la tv potrebbe essere il primo grave errore da evitare.
Ben venga ogni innovazione, ma una breve sana meditazione preventiva è ogni qualvolta necessaria. Non solo ai fini del buon utilizzo del mezzo, ma per la salute stessa dello strumento e di un suo omogeneo e proficuo inserimento nel sistema mercato. Anche perchè, come detto, ancora una volta sarà il sistema mercato ad interpretare il ruolo del giudice unico e definitivo.