Può essere intelligente la mobilità? Non solo può esserlo, ma deve esserlo. E deve pertanto diventarlo. Si tratta ormai di una questione di stretta necessità, poiché alcune problematiche si son cronicizzate e una risposta non può essere morbida né timida: serve cambiare il modo di intendere la mobilità alla sua radice, ribaltandone i presupposti per arrivare ad un nuovo modo di spostare le persone e le merci.
La parola “intelligenza” è quella che meglio risponde al problema poiché si tratta di applicare nuovi metodi ad una situazione per molti versi priva di logica, lontana da qualsivoglia strategia, frutto del caos creatosi con una feroce e continua stratificazione urbana che ha portato a grandi concentrazioni di persone, di costruzioni e di automobili. Moltiplicare le risorse, però, non serve: occorre, piuttosto, un approccio ragionato e nella direzione dell’efficientamento.
Il dato è eclatante: il 2% della superficie terrestre è coperta da città, tuttavia ben il 50% della popolazione mondiale si concentra su questo piccolissimo fazzoletto di terra. E le previsioni dicono che la situazione è destinata ad aggravarsi: entro il 2050 la popolazione concentrata in area urbana sarà pari al 70%, con almeno 27 megacity da 10 milioni di persone.
L’estremo disequilibrio esistente nella distribuzione della popolazione è all’origine di gran parte dei problemi. La soluzione, però, non è nella diminuzione della densità di popolazione nelle aree metropolitane (la concentrazione non solo è un fatto conclamato, ma è anche incontrovertibile e destinato anzi ad aumentare), quanto nell’adozione di sistemi intelligenti di gestione di tali realtà.
Mobilità intelligente per città intelligenti
Le Smartcity sono l’obiettivo di ricercatori e istituzioni. Il messaggio è infatti ormai chiaro a tutti: se non si agisce per migliorare l’intelligenza degli apparati che regolano la vita di tutti i giorni, si rischia di rimanere intrappolati nella medesima rete stradale che l’uomo ha costruito per migliorare i trasporti ed avvicinare le genti. Il tutto ha inoltre un peso economico altissimo, che alcune ricerche del 2012 hanno valutato in 5 punti di PIL. Basterebbe pensare al tempo perso da milioni di persone nel traffico cittadino per comprendere quanto poco “intelligente” possa essere un sistema tanto denso di ostacoli e diseconomie.
Nel complesso di azioni che è possibile mettere in atto in seno alle smartcity, la mobilità intelligente è probabilmente l’ambito nel quale è possibile incidere più a fondo e con i maggiori risultati. Gli studi in atto sono moltissimi. Tra i più importanti è possibile segnalare ad esempio il SenseAble City Lab del MIT di Boston (peraltro con collaborazioni in essere presso il CNR di Pisa), ove la mobilità è stata sviscerata su più fronti per arrivare a calibrare più modalità di intervento e più ipotesi di approccio al problema. Cosa succederebbe ad esempio se un incrocio tra due strade ad alta percorrenza avesse un sistema in grado di rendere fluido il passaggio senza incorrere in rallentamenti, ingorghi e code? Una piccola animazione mette in luce lo studio DriveWave e chiarisce le potenzialità che la ricerca è in grado di riversare sul settore:
Intelligenza: monitoraggio, analisi, comprensione, reazione
Sebbene tutti sappiano cosa sia l’intelligenza e tutti sappiano distinguere una entità intelligente da una entità non intelligente, definire l’intelligenza è invece qualcosa di molto più complesso. In linea generale si può pensare all’intelligenza applicata alla mobilità come ad un sistema di strumenti, metodi e processi in grado di:
- Monitorare
Il monitoraggio e l’archiviazione dei dati sono il primo step poiché rappresentano la capacità di fotografare un dato di fatto con obiettività e con misurazioni, consentendo una descrizione oggettiva e puntuale della situazione. - Analizzare
L’analisi consente di trasformare dati grezzi in entità ordinate, il che significa trasformare i numeri in concetti. Le questioni macroscopiche vengono così a galla, trovando priorità rispetto ad altre tematiche, e si pongono all’attenzione del sistema deputato a gestirle. - Capire
La comprensione del quadro generale è probabilmente l’elemento più vero della cosiddetta “intelligenza”, poiché la comprensione è il lato più umano: seppure affidata a macchine ed algoritmi, la comprensione ha una matrice umana, derivata dall’esperienza, dagli obiettivi e dalla capacità di codificare i passaggi relativi alla gestione della viabilità. - Reagire
L’ultimo step è quello che chiude il cerchio e mette in atto le azioni necessarie per risolvere il problema identificato.
Se buona parte della soluzione del problema sta nella sua corretta identificazione, la mobilità intelligente deve partire dal medesimo presupposto: identificare i singoli problemi esistenti in un sistema stradale, misurare l’entità del problema stesso, identificare le possibili soluzioni e quindi metterle in atto sulla base degli strumenti e delle risorse disponibili. Un semaforo intelligente potrebbe adattarsi in base alle necessità del quartiere, un sistema mappale può offrire consigli di navigazione basati su dati real-time, un circuito metropolitano può adeguare i propri mezzi in base ai flussi previsti: un sistema intelligente è un sistema che cerca di prevedere e risolvere, e non soltanto intervenire in emergenza di fronte a problemi acclarati.
Guida autonoma
La guida autonoma è il cambio di paradigma che molti attendono per cambiare effettivamente il mondo della mobilità. Sostituire l’intelligenza al volante, liberando l’uomo in favore di algoritmi e strumenti indipendenti, significa mettere il veicolo nelle mano di un processo e non di una entità autonoma. L’uomo ha infatti grandissime potenzialità, molte delle quali inespresse, ma un difetto fondamentale: non è un automa, non può essere connesso ad un sistema di rete e non può quindi essere asservito ad un algoritmo.
La guida autonoma non è soltanto l’inizio di una nuova esperienza di trasporto, insomma, ma soprattutto un vero cambio di orizzonte: il sistema auto-pilota diventa per la prima volta tassello di un sistema più ampio e integrato, nel quale gli algoritmi del mezzo dialogano con quelli dell’intelligenza di sistema per discutere in tempo reale sulle migliori decisioni da prendere nell’interesse del singolo e nell’interesse collettivo.
La guida autonoma potrebbe presto diventare una istituzione vera e propria nei centri cittadini, ove ordine e sicurezza assurgono ad elemento di priorità, e già entro il 2020 potrebbe essere realtà consolidata che in molti avranno la possibilità di provare.
Mobilità intermodale
Se la guida autonoma è un sistema intelligente “di sistema”, c’è però anche un altro modo per migliorare la mobilità, ossia la declinazione degli spostamenti in ottica intermodale. Storicamente la mobilità è stata improntata sull’automobile, strumento principe di spostamento individuale al fianco dei mezzi di locomozione di gruppo (autobus, treni, metropolitane). Servizi pubblici di trasporto e auto private non sono però strumenti sufficienti per coprire tutte le necessità esistenti e la creazione di nuovi sistemi di trasporto intermodale possono contribuire a rendere migliore il traffico metropolitano e più rapidi gli spostamenti delle persone.
Anche in questo caso a monte di tutto v’è un cambiamento culturale necessario: l’auto non è più l’unico mezzo sul quale improntare la propria strategia di viaggio. I moderni servizi di car sharing, ad esempio, prospettano una ideale linearità tra aerei, treni e le auto disponibili sul territorio. Ma la mobilità può farsi ancor più “liquida” se l’ultimo miglio può essere affrontato dalle persone con biciclette intelligenti, magari a pedalata assistita, completando le tratte di maggior concentrazione di traffico senza dover coinvolgere la propria automobile (decongestionando così sia le vie di maggior percorrenza, sia i parcheggi, a tutto vantaggio della sostenibilità del sistema di trasporto urbano).
L’intermodalità è uno dei processi di maggiore importanza nell’ottica di una mobilità più intelligente, poiché moltiplica le opportunità disponibili consentendo scelte mirate in base all’obiettivo ed al contesto. L’automobile non perde la sua centralità, anzi: l’auto continua a rappresentare il mezzo ideale per il cuore del viaggio e può essere luogo deputato alle ultime scelte strategiche prima di arrivare a mezzi alternativi. Invece di andare alla ricerca del tradizionale parcheggio, in futuro il guidatore affiderà l’auto ai principali snodi intermodali (in Italia Eni ha previsto di improntare sulla medesima logica le stazioni di servizio del futuro), luogo di sosta nel quale la persona abbandona un mezzo per completare il viaggio nel tratto successivo.
La pianificazione urbana avrà in tal senso ruolo prioritario, dovendo traslare sui piani regolatori cittadini i progetti di lungo periodo disegnati da architetti ed ingegneri di mobilità.