L’Italia abbraccia il voto elettronico, con l’intento di velocizzare e rendere più efficienti le operazioni nei seggi. Una nuova modalità attraverso la quale i cittadini sono chiamati a partecipare alla gestione della cosa pubblica, scegliendo i rappresentanti ed esprimendo la loro preferenza in occasione di consultazioni amministrative, elettorali e referendarie. Un referendum costa oggi in Italia qualcosa come 20 milioni di euro, più un impegno notevole in termini di tempo e capitale umano: la digitalizzazione potrebbe rendere il tutto meno oneroso, più rapido, più efficiente.
Il voto elettronico: cos’è e come funziona
Il voto elettronico in Italia (↑)
Il voto elettronico debutta ufficialmente in Italia il 22 ottobre 2017, con il referendum consultivo per l’autonomia della Regione Lombardia. Un banco di prova per testare il grado di affidabilità, efficienza e accessibilità di un sistema che in futuro potrebbe veder esteso il suo raggio d’azione. È bene sottolinearlo: questo non significa che le prossime chiamate alle urne nel paese saranno caratterizzate dalla medesima modalità. Per gli addetti ai lavori sarà comunque l’occasione per raccogliere feedback e pareri utili, anche dagli stessi elettori, così da contribuire al perfezionamento della tecnologia, nonché dell’impianto organizzativo e logistico ad essa collegato.
La Voting Machine (↑)
La Voting Machine impiegata per il voto elettronico lombardo del 22/10/2017 è il modello A4-210 prodotto da Smartmatic, multinazionale specializzata in dispositivi di questo tipo, fondata nel 1997 dal venezuelano Antonio Mugica e che ha oggi la sua sede principale a Londra. La tecnologia sviluppata è stata impiegata per la prima volta nel 2004 in Venezuela, per poi essere adottata da paesi di tutto il mondo: Belgio, Brasile, Estonia, Filippine, Stati Uniti, Armenia, Messico, Uganda e Zambia.
La Regione Lombardia ne ha acquistate 24.000 in vista del referendum sull’autonomia del 22 ottobre 2017, da distribuire all’interno dei circa 8.000 seggi in tutto il territorio. Una volta concluse le operazioni, i dispositivi vengono lasciati gratuitamente in dotazione alle scuole, che li potranno utilizzare con finalità didattiche.
Come funziona (↑)
La procedura di voto è stata studiata in modo da risultare semplice e con il fine di velocizzare le operazioni. Una volta entrati nella cabina ci si trova di fronte a un dispositivo dall’aspetto simile a quello di un tablet, dotato di uno schermo touch con il quale interagire per esprimere la propria preferenza.
Per illustrare gli step che costituiscono la procedura, prendiamo come esempio il referendum sull’autonomia della Regione Lombardia del 22 ottobre 2017, che segna il debutto del voto elettronico in Italia. La prima cosa da fare, una volta all’interno della cabina, è premere il pulsante “Inizia” che compare sullo schermo.
Viene dunque mostrato il testo del quesito referendario. L’elettore può prendere tutto il tempo necessario per leggerlo con calma e attenzione, prima di fare la sua scelta. Una volta pronto, ha a disposizione tre opzioni: “Sì”, “No” e “Scheda bianca”. È sufficiente un tocco su uno dei pulsanti per procedere.
La schermata successiva chiede di confermare definitivamente la scelta premendo “Vota”, offrendo l’opportunità di modificarla (attenzione: è possibile farlo una sola volta) tramite il pulsante “Cambia”.
L’operazione di voto è così conclusa e il sistema porrà fine alla procedura entro i successivi cinque secondi.
L’elettore ha inoltre diritto ad uscire dalla cabina senza aver espresso alcuna preferenza. In questo caso, il presidente di seggio (in grado di accertare l’avvenuta conclusione della procedura dalla sua postazione) ha facoltà di annullare il voto.
Cosa cambia per l’elettore (↑)
Per l’elettore cambia solo ed esclusivamente la procedura di voto: non viene più consegnata una scheda cartacea sulla quale esprimere la propria preferenza tracciando un segno con la matita copiativa e successivamente da ripiegare per l’inserimento nell’urna. Il tutto avviene mediante interazione con un display touchscreen, simile a quello di un normale tablet. Recandosi al seggio è consigliato portare con sé la tessera elettorale (per ricordare in quale seggio/sezione recarsi, non dev’essere esibita), mentre è obbligatorio mostrare un documento d’identità valido. Una volta identificati, il presidente di seggio si occuperà di attivare la Voting Machine collocata all’interno della cabina in cui ci si reca.
I vantaggi saranno concreti e tangibili soprattutto per lo staff al lavoro nel seggio. Una volta scaduto il tempo utile per votare, il presidente non dovrà far altro che premere un pulsante e in modo del tutto automatico verrà stampata una scheda con tutti i dati relativi alle operazioni, comprese le preferenze attribuite a ogni scelta. Si elimina così tutta la classica procedura dello spoglio, con annesse contestazioni. Il risultato viene dunque subito reso noto, senza alcuna attesa.
Non ci sono margini di discrezionalità e lo stesso “Voto nullo” va a scomparire: la scheda bianca certifica una astensione, mentre la scelta sulle opzioni “Sì” o “No” accredita il voto. Nessun margine di errore, nessun rappresentante di seggio che possa spendere la propria loquela per rastrellare le briciole tra le schede contestate. Al tempo stesso v’è una gestualità differente nell’approccio al voto: non una matita da impugnare (e la memoria corre rapidamente alle punte leccate in occasione di recenti tornate di voto), ma un display da sfiorare. Non una scheda con inchiostro che si possa fotografare in segreto, ma una schermata in cui lo screenshot non è possibile. Molte dinamiche cambiano, insomma: il voto elettronico è un altro voto, con strumenti differenti e con azioni diverse che determinano l’interazione e che esprimono l’intenzione della persona.
La sicurezza (↑)
Operazioni come quelle che determinano la vita democratica di un paese necessitano obbligatoriamente di procedure solide e in grado di assicurare il massimo livello possibile di protezione da minacce di qualsiasi tipo. Se da un lato l’adozione del voto elettronico consente di snellire le procedure con evidenti benefici in termini di tempo risparmiato (più per il presidente di seggio e i suoi collaboratori che per l’elettore), dall’altro è necessario considerare qualsiasi potenziale rischio connesso alla natura stessa di una piattaforma informatica. Se è vero che la gestione delle schede cartacee si presta ad essere oggetto di contenziosi e interpretazioni personali, un sistema elettronico è per definizione potenzialmente vulnerabile.
È in ogni caso bene distinguere tra voto elettronico e voto online: nel primo caso vi è la garanzia di uno staff addetto alle operazioni che gestisce e monitora costantemente tutto ciò che avviene all’interno della sezione, nel secondo si parla invece di una tecnologia che un giorno (forse, in futuro) consentirà al cittadino di esprimere la propria preferenza senza nemmeno uscire di casa, direttamente attraverso un terminale di proprietà come uno smartphone, un tablet oppure un computer. Non siamo ancora giunti a quel punto e in molti si augurano che mai accada, ritenendo che persino l’impiego di sistemi avanzati come quelli basati sulla crittografia dei dati ancora non mettano del tutto al sicuro da manomissioni e interferenze. Non solo: un voto remoto potrebbe essere un voto non sufficientemente tranquillo e sereno, non potendo garantire il contesto entro il quale avviene: il voto elettronico è dunque l’attuale valido compromesso tra il voto tradizionale e il voto online.
Il prossimo referendum lombardo sarà da questo punto di vista un valido test che potrà restituire dati importanti circa l’andamento della procedura, la tecnologia utilizzata e la percezione del voto da parte del votante. E quest’ultimo tassello sarà in fin dei conti fondamentale: la corrispondenza piena e totale tra l’intenzione di voto ed il voto espresso è una sfida che anche la cartella elettorale tradizionale non è mai riuscita ad esprimere appieno, quindi ora la sfida si sposta sul digitale e sugli strumenti che mette a disposizione.