Da almeno cinque mesi, le applicazioni che permettono di utilizzare il popolare servizio di streaming musicale su computer manifestano uno strano comportamento. Spotify per Windows, Mac e Linux scrivono un’enorme quantità di dati su disco, anche quando l’utente non ascolta nessuna canzone. Ciò rappresenta un grave problema per gli SSD, in quanto il numero elevato di scritture riduce drasticamente la loro vita.
Le prime segnalazioni da parte degli utenti risalgono al mese di giugno. Ars Technica ha effettuato vari test, confermando il funzionamento anomalo delle app per Windows e Mac. In meno di un’ora, Spotify ha scritto fino a 10 GB di dati, anche in idle. Lasciando invece il software in esecuzione, tale quantità di dati supera i 700 GB al giorno. Le celle di un disco a stato solido possono essere riscritte un numero finito di volte. Nelle specifiche degli SSD viene solitamente indicato il parametro TBW, ovvero il numero di byte scrivibili prima della “morte” delle celle.
Ad esempio, il Samsung SSD 850 EVO da 250 GB possiede un TBW di 75 TB. Quindi scrivendo 20 GB/giorno, il disco durerà almeno 10 anni. Se invece Spotify scrive 700 GB/giorno, la vita del disco si ridurrà a meno di 4 mesi. Sembra che il numero elevato di scritture sia dovuto ad uno o più file database, tra cui mercury.db
. Alcuni utenti hanno proposto workaround provvisori, ma l’unica soluzione è attendere un aggiornamento ufficiale.
Spotify ha comunicato che il bug è stato risolto con la versione 1.0.42, attualmente in distribuzione. Nell’attesa è consigliata la disinstallazione delle applicazioni per evitare la morte prematura degli SSD.