Non ha usato mezze parole Richard M. Stallman, fondatore del free software e del movimento GNU: il Cloud Computing è roba da stupidi e utilizzare applicazioni web come Gmail di Google è anche peggio della stupidità stessa. L’attivista americano ha le idee chiare e in alcune sue dichiarazioni rilasciate al giornale britannico The Guardian consiglia a tutti di non affidare i propri dati al freddo server di un’azienda lontana, ma di tenerli al sicuro all’interno dei propri computer.
Secondo Stallman le aziende che nell’ultimo periodo hanno pesantemente investito per lo sviluppo di tecnologie basate sul Cloud Computing hanno in realtà intenzione di chiudere l’utente all’interno di software proprietario per poi costringerlo a pagare sempre di più nel corso degli anni per poter utilizzare i suoi stessi dati e documenti. Stallman crede fermamente che il processo che sta spingendo gli utenti a muovere i propri dati dall’altra parte del cavo, nella nuvola del Cloud Computing per l’appunto, è tutt’altro che inevitabile e che la nostra convinzione del contrario dipende solo dalla massiccia dose di marketing a cui siamo sottoposti.
La principale preoccupazione di Mr GNU riguarda il controllo dei propri dati: «utilizzando un programma proprietario o il web server di qualcun altro, si resta senza difese. Ci si mette nelle mani di chiunque abbia sviluppato quel software». Non molto distanti sono le parole del fondatore di Oracle Larry Ellison che, la scorsa settimana e seppur con motivazioni diverse, aveva criticato la corsa al Cloud Computing come «la sola industria più modaiola della moda per signore», definendo il tutto come una «completa stupidaggine».
Le critiche di Oracle nascono dall’altro lato della barricata utente-fornitore, e muovono principalmente contro l’eccessiva facilità con cui alcuni servizi vengono presentati come nuovi anche quando di innovativo hanno ben poco. Oracle è uno dei principali colossi presenti nel mercato del Cloud Computing e sa bene quanto questo mercato sia diventato strategico. Lo sa anche Dell che ha tentato di registrare “Cloud Computing” come marchio di fabbrica. La richiesta è stata rifiutata ma Dell ha comunque fatto suo il dominio cloudcomputing.com.
Pochi mesi fa, lo stesso Stallman e l’italiano Marco Barulli avevano fornito la ricetta per superare i problemi di privacy e libertà sollevati dalle dure parole del fondatore di Gnu. L’appello invitava gli sviluppatori di applicazioni web a rilasciare il codice sorgente dei loro software e ad utilizzare un approccio zero-knowledge, lasciando così all’utente il pieno controllo sui propri dati. Anche se con le dovute eccezioni, l’iniziativa non ha avuto molto seguito soprattutto da parte dei grandi nomi come Google, Amazon e Microsoft, quelle stesse società contro cui Stallman punta il dito.