Dopo settimane di silenzio (cosa che ha rilanciato nuovi dubbi sullo stato di salute sul CEO Apple) Steve Jobs è tornato alla carica con un intervento importante, un “mea culpa” che fa chiarezza sulla posizione del gruppo circa il claudicante esordio di MobileMe.
MobileMe doveva essere la killer application che avrebbe trasformato Apple in un riferimento importante del cosiddetto Cloud Computing. È questo, però, un ambito particolarmente insidioso, una palude nella quale son già stati impantanati nomi come Google e Microsoft, dai cui bilanci emergono ora ingenti investimenti in infrastrutture per evitare i ritardi che attanagliano ad oggi il servizio Apple. Il passaggio dal vecchio “.Mac” alla nuova realtà è stato infatti oltremodo tribolato, dilungando di molto i tempi di inattività di troppi account e trascinando ancora ad oggi le lentezze ed i disservizi. Steve Jobs però lo ammette: Apple con MobileMe ha sbagliato.
Secondo alcune indiscrezioni Jobs avrebbe già fatto sentire anzitempo la propria voce lamentando i farraginosi passaggi a MobileMe. Ora con una mail ad uso interno Jobs ha confermato tutto: MobileMe non è stato all’altezza della qualità Apple. «È stato un errore lanciare MobileMe contemporaneamente all’iPhone 3G, al firmware 2.0 ed all’App Store […] Avevamo già abbastanza da fare e MobileMe avrebbe potuto essere rinviato senza conseguenze».
«Il lancio di MobileMe dimostra chiaramente che abbiamo ancora molto da imparare circa i servizi su Internet, e impareremo. La prospettiva di MobileMe è allo stesso tempo eccitante e ambiziosa, e ci impegneremo per rendere il servizio una cosa di cui andare orgogliosi entro la fine dell’anno»: belle parole, quelle di Jobs, per quanti vedono in MobileMe una svolta che deve regalare ad Apple una marcia in più nell’approdo ai web services. Allo stesso tempo, però, dietro il discorso del CEO c’è un’ammissione di colpe che non lascia prevedere rapidi tempi di intervento: fino a fine anno MobileMe rimarrà un accrocchio imperfetto, e le problematiche del lancio saranno così procrastinate nel tempo raccogliendo giocoforza le ovvie lamentele degli utenti paganti.