Gli Stati Uniti hanno imposto un improvviso stop alla commercializzazione dei kit di analisi 23andMe, azienda attiva nel mondo della ricerca genetica ed a lungo sostenuta economicamente dalle generose iniezioni finanziarie provenienti dalle casse di Google. In poco tempo la 23andMe sembra aver perduto due tasselli fondamentali: il primo è l’autorizzazione federale degli Stati Uniti, improvvisamente venuta meno in attesa di nuovi riscontri; il secondo è Sergey Brin, co-fondatore di Google ed ormai ex-marito di Anne Wojcicki, co-fondatrice 23andMe (nonché sorella di Anne Wojcicki, tra le figure di maggior prestigio nella storia del colosso di Mountain View).
23andMe è un servizio del quale Webnews ha reso testimonianza fin dagli esordi, fin da quando ne abbiamo acquistato un kit per spiegare come funziona, a cosa serve e cosa consente di scoprire del proprio patrimonio genetico. Fin da subito lanciammo la provocazione “23enoi” per raccogliere i primi dubbi sul progetto e sui rapporti tra l’azienda e Google (nonché tra moglie e marito, ai tempi). Oggi i dubbi di allora si manifestano nei dubbi della Food and Drug Administration, la quale ha inviato una ufficiale diffida al gruppo chiedendo la sospensione immediata delle vendite del kit nel quale, attraverso la raccolta di saliva dell’utente, l’azienda promette l’analisi del DNA, la mappatura genetica completa e la restituzione di un report aggiornato circa possibili difetti genetici, potenziali malattie in sviluppo, caratteristiche fisiche ed altro ancora.
La 23andMe ha preso immediatamente posizione tramite il proprio account Facebook, ma al momento non ha spiegato come uscirà dall’impasse: viene spiegato di aver avuto notizia di alcune irregolarità e di voler presto discutere la cosa con la Food and Drug Administration. Si promette di aggiornare gli utenti sulla vicenda, ma non vengono fornite informazioni ulteriori nel merito della vicenda:
La lettera della Food and Drug Administration è però molto dura nei confronti della 23andMe: i dialoghi tra le parti sarebbero sì in corso dal 2009, ma il tutto non farebbe che sottolineare quanto le regole siano state disattese. Secondo quanto indicato, 14 incontri faccia a faccia e centinaia di comunicazioni scritte non sarebbero state sufficienti per validare clinicamente il lavoro dell’azienda. La Food and Drug Administration esprime sconcerto soprattutto per «le forti conseguenze potenziali che potrebbero scaturire da un falso positivo o un falso negativo» (va ricordato come l’analisi della 23andMe potrebbe indicare difetti genetici da cui potrebbero derivare in prospettiva gravissime patologie). Un falso positivo potrebbe portare ad una attenzione spasmodica per qualsiasi possibile indizio di malattia, sviluppando immotivata ipocondria, mentre al contrario un falso negativo potrebbe determinare una sottovalutazione di eventuali problemi a causa di una fiducia eccessiva nel risultato conseguito.
Il monito inviato all’azienda punta dunque dritto alla bontà del servizio, poiché la mancata certificazione non consente di promettere quel che l’azienda invece “vende” ai propri utenti. Per la 23andMe non è l’unico problema di questo tipo: già nel 2010 dal U.S. Government Accountability Office giunse un report che demonizzava la bontà del servizio e la sostanza delle promesse cliniche dell’azienda.
In pratica: la 23andMe non opera con sufficiente attendibilità scientifica nell’analisi del DNA e soprattutto giunge a stime probabilistiche di profilo clinico non supportate dalla necessaria ricerca scientifica. Ne esce il quadro di un servizio non supportato da basi sufficienti, ma al tempo stesso fautore di report di estremo impatto emotivo sui clienti. Per questo motivo la a Food and Drug Administration non intende aspettare oltre: o il servizio regolarizza la propria posizione, o sarà fermato in modo permanente.
Google è stato tra i principali finanziatori della 23andMe, ma al tempo stesso ora nessun legame affettivo unisce più i rispettivi fondatori: Google potrebbe facilmente defilarsi e per la 23andMe verrebbe meno un sostegno fin qui fondamentale. Del resto l’azienda ha già anche messo piede in un altro progetto, fin qui rimasto nell’ombra, e che potrebbe sorgere proprio dalle ceneri di 23andMe: il suo nome è Calico, è nelle mani di Arthur Levinson (presidente Genentech e membro del board Apple) ed opererà nel mondo della salute e delle biotecnologie. Google sembra aver scelto la propria strada già da tempo, fin da quando presentò il nuovo progetto come la nuova via della ricerca genetica per arrivare a risultati concreti entro 1-2 decenni:
In alcuni settori, possono essere necessari dieci o vent’anni perché un’idea si possa trasformare in qualcosa di reale. La cura della salute rappresenta certamente una di queste aree. Dovremo concentrarci sulle cose più importanti, così da poterle realizzare entro uno o due decenni.
Grazie alle analisi della 23andMe, Sergey Brin scoprì un proprio difetto genetico che lo avrebbe potuto portare al Morbo di Parkinson: rese pubblico il tutto in un celebre post nel quale raccontava la propria vicenda ed indirettamente esaltava il ruolo dell’analisi genetica e della 23andMe, arrivando anche a finanziare direttamente la fondazione dedicata fondata da Michael J.Fox. Da allora la situazione non è però evoluta: la 23andMe ha proseguito il proprio cammino incerto, la coppia Brin/Wojcicki è arrivata alla separazione e ora anche il legame con Google sembra definitivamente compromesso. Il futuro è il Calico, con tutte le ombre che i precedenti proietteranno sui suoi prossimi passi.