La rivoluzione digitale della fruizione domestica non colpisce solo la pirateria, grazie a un nugolo sempre più nutrito di servizi legali ed economici, ma sembra influire anche su quei network ancora legati ad abbonamenti televisivi classici. Almeno negli USA, dove l’ultima stagione estiva pare sia stata caratterizzata da un calo sensibile degli ascolti per le emittenti classiche, a favore di giganti dello streaming come Netflix e Hulu. Non è però una sconfitta per la TV a stelle e strisce, ma un’opportunità unica per rivoluzionarsi e crescere ulteriormente. Un’occasione che i big dell’informatica, Google e Apple in prima linea, già da tempo hanno subodorato: come lo streaming, di conseguenza, cambierà il mercato degli abbonamenti televisivi?
A differenza dell’Italia, dove i palinsesti sono generalmente spogli di grandi novità, la stagione estiva è sempre stata un banco di prova per le emittenti statunitensi, nonché foriera di notevoli successi. Mentre i grandi network rallentano in concomitanza per le vacanze, infatti, quelli più piccoli sono soliti sfoderare capolavori, tali da influenzare il successivo autunno on-air. Così è stato per AMC, ad esempio, che proprio tra luglio e agosto ha sempre approfittato del seguito di “Mad Men” e “Breaking Bad”. Ma anche per altre emittenti, basti pensare al successo di Showtime con “Masters of Sex” e a molte altre sperimentazioni analoghe. Qualcosa, però, quest’anno è cambiato.
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, nei mesi estivi 21 dei 30 canali via cavo più seguiti negli USA avrebbero assistito a un calo dei loro ascolti. Un fatto che, sebbene ancora da analizzare nel dettaglio, potrebbe essere stato determinato dall’ampia disponibilità di contenuti in streaming.
TNT, il canale via cavo più guardato in prime time nel mese di luglio, ha sperimentato un calo del 22% rispetto al luglio del 2014. Disney Channel di Walt Disney Co. ha perso il 19% della sua audience, Bravo di Comcast Corp. è sceso del 23% e MTV di Viacom Inc. del 24%.
La riduzione degli ascolti non sembra essere passata inosservata nell’universo di Wall Street: alcuni dei network a stelle e strisce avrebbero subito dei blandi contraccolpi in borsa, anche in relazione a un report di Bernstein Research, come riportato dal New York Daily News. Tra le motivazioni non solo il calo degli ascolti, ma anche la possibile riduzione degli abbonamenti in favore dei servizi di streaming. A quanto pare, gli investitori vorrebbero risposte più certe dai grandi media sulle sfide della rivoluzione digitale, che porterà probabilmente a una crescita del numero dei cosiddetti “cord-cutters” e dei “cord-shavers”, ovvero rispettivamente coloro pronti a disdire gli abbonamenti per affidarsi solo allo streaming e chi, invece, deciderà di ridurre il numero di canali incluso nella propria sottoscrizione. E pronti ad accoglierli non ci sono soltanto Netflix, Hulu e Amazon, ma anche i big dell’informatica: basti pensare come da tempo si vocifera del lancio di un servizio di streaming, comprensivo dei canali locali, da parte di Apple. Nonostante tutto, però, sembra emergere un certo ottimismo per il futuro: quella in corso rimane un’opportunità, non una sconfitta, e i network devono solo trovare la migliore modalità per cavalcarla.
E in Italia? L’universo televisivo italiano è solo all’inizio dell’era dello streaming legale, già da diversi anni invece in atto negli USA. E sebbene le emittenti classiche non siano al momento coinvolte da contraccolpi di sorta, la sfida è già da tempo aperta: l’autunno in arrivo sarà particolarmente caldo sul fronte dello streaming poiché, oltre a Sky Online e Infinity, entro ottobre dovrebbero arrivare anche Premium e Netflix. Quel che accadrà è questione di poche settimane.