L’universo dello streaming si arricchisce ogni giorno di nuovi servizi: da Apple TV+ a Netflix, passando per l’imminente Disney+ e il già ben rodato Prime Video, le alternative per i consumatori non mancano. Eppure questo affollamento di mercato rischia di danneggiare l’intero settore: è quanto rivela un recente studio, pronto a sottolineare come la moltiplicazione delle piattaforme spinga l’utente a non sottoscrivere nessun abbonamento e, forse, a tornare alla pirateria.
I dati emergono da uno studio condotto da UTA IQ, pronto a confermare come le troppe alternative sul mercato generino confusione nell’utente, il quale sarà portato a ignorare un eventuale abbonamento per svariati motivi. La ricerca ha coinvolto 6.634 consumatori negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e nei Paesi Bassi, ottenendo così un campione sufficientemente rappresentativo delle necessità di streaming odierne.
Il 70% degli intervistati sostiene come oggi le alternative di streaming video siano troppe e, poiché tutte caratterizzate da show proprietari ed esclusive, forse una spesa su cui non vale investire. L’87% dei consumatori, infatti, sostiene sia troppo caro riuscire a mantenere il passo con tutte le proposte.
Il discorso sembra essere specifico per le piattaforme video, poiché nell’universo musicale il funzionamento risulta assai differente. L’utente che sceglie Apple Music, Spotify, Amazon Music Unlimited o altri, può contare su cataloghi fra loro molto simili. Di conseguenza, è sufficiente scegliere una sola offerta fra le tante per poter assolvere a tutte i desideri di ascolto musicale. I servizi di streaming video, invece, vedono librerie proprietarie, show originali ed esclusive: per seguire tutti i suoi show preferiti, di conseguenza, l’appassionato dovrà sottoscrivere più abbonamenti contemporaneamente.
Ciò genera elevata insoddisfazione, così come lo stesso studio conferma: il 67% degli utenti già oggi ritiene frustrante doversi abbonare a servizi multipli. Di questi, il 58% ritiene stressante dover gestire troppi account e login. E, nonostante la pluralità di offerte, il 45% afferma di avere difficoltà nel cercare il contenuto desiderato. Così come sottolinea Vice, la ricerca trova già alcune evidenze aneddotiche nella realtà, sebbene senza nessuna pretesa di scientificità: dopo anni di un relativo scarso ricorso ai sistemi di P2P, alla proliferazione delle piattaforme video è corrisposto un ritorno a torrent e affini. D’altronde, considerando come la spesa media sia di circa 10 dollari mensili per abbonamento, l’utente rischia di dover pagare 40 o 50 dollari per seguire quelle 4 o 5 serie da lui gradite: una spesa fuori mercato, che spinge gli appassionati proprio alla pirateria. Così ha spiegato Ernesto van der Sar, direttore di Torrent Freak:
Se le persone sono costrette a spendere sempre di più per soddisfare i loro bisogni di consumo televisivo e cinematografico, una grande porzione deciderà di farne a meno o di cercare alternative. Un risultato probabile è quello di un ritorno di sempre più persone alla pirateria.