Google avrebbe commesso una violazione grave della legge del Regno Unito in quanto ha raccolto i dati personali dei cittadini. Tuttavia il gigante della ricerca non verrà multato fino a quando non commetterà ulteriori violazioni della privacy in futuro. È quanto dichiarato da Christopher Graham, Information Commissioner del Regno Unito.
«È mia opinione che la raccolta di queste informazioni non sia giusto o legittimo, e costituisca una grave violazione del primo principio del Data Protection Act». Google UK sarà ascoltato dalle autorità e dovrà firmare un impegno che garantisca la protezione dei dati e che violazioni come questa non si ripetano (promesse peraltro già ampiamente assicurate a livello verbale). Nel Regno Unito, insomma, la vicenda viene nuovamente chiusa: lo era già stato nelle settimane scorse, salvo poi veder riaperto il fascicolo in seguito all’ammissione di Google relativa alla presenza di url, email e password all’interno dei dati in archivio. Le polemiche che avevano coinvolto il Garante e la sua apparente accondiscendenza nei confronti di Mountain View hanno consigliato il riavvio delle indagini, ma le stesse sono state concluse nel giro di pochi giorni ed a questo punto la decisione appare definitiva ed irrevocabile: il caso è chiuso.
Da parte sua Google si è scusata infatti per aver raccolto i dati ed ha ripetutamente confermato di lavorare per assicurare che un episodio come questo non accada più. Peter Fleischer, Global privacy counsel di Google, ha dichiarato: «Siamo profondamente dispiaciuti per la raccolta dei dati erroneamente accaduta nel Regno Unito. […] Non volevamo che questo accadesse, e non abbiamo mai usato questi dati per i nostri prodotti o servizi».
Di diverso avviso il Big Brother Watch, un’associazione che combatte le violazioni della privacy, che ha considerato vergognosa la decisione di non multare Google: «Se Google può raccogliere le informazioni personali di migliaia di persone e farla franca, allora la Information Commissioner ha un chiaro disprezzo per la privacy», queste le parole di Alex Deane.
Non è dunque finita per uno dei servizi più interessanti di Google, ma al contempo anche uno dei più contestati: diversi paesi hanno avviato delle indagini in proposito ed anche in Italia il gruppo è atteso alla sbarra per rispondere alle accuse che potrebbero essere formalizzate in sede legale. Il nostro Garante per la Protezione dei dati personali si è finora dimostrato più intransigente rispetto a quello del Regno Unito e pertanto nel nostro paese la vicenda potrebbe avere un decorso differente.