Se il telefonino suona in pubblico, tutto il pubblico lo ascolterà. Il sillogismo è diretto: se il pubblico ascolta, l’autore deve ricevere un compenso per la performance musicale portata in pubblico e non soltanto per la fruizione privata del brano. Questa è la teoria di una associazione che raccoglie 350000 autori e che ha sporto denuncia contro AT&T per i mancati compensi agli autori derivanti dall’uso in pubblico delle suonerie musicali. Ma trattasi, con tutta evidenza, dell’ennesima zona grigia nella controversa normativa per la tutela del copyright.
L’azione legale parte dalla American Society of Composers, Authors and Publishers (ASCAP). La mission dell’ASCAP è quella di tutelare il copyright dei propri assistiti (tra i quali Alicia Keys), ed il gruppo ha visto nelle suonerie il nuovo pericolo da combattere. AT&T è entrata nel mirino, ma le motivazioni sono al limite del paradossale. La suoneria di un singolo telefono (pochi secondi a bassa qualità) è infatti sommariamente equiparata ad un concerto svolto in pubblico, il che dovrebbe determinare un relativo maggiorato compenso per gli autori. Dove l’uso privato sconfina nell’uso pubblico: l’intero processo verterà su questo distinguo.
A difesa di AT&T è presto corsa la Electronic Frontier Foundation (EFF): «Milioni di americani hanno comprato suonerie musicali ed altre clip dalle proprie canzoni preferite, per i propri telefonini. I carrier pagano royalties ai proprietari delle canzoni per avere il diritto di vendere questi brani agli utenti. […] In un incontro amichevole tenutosi mercoledì, la EEF ha puntualizzato che la legge sul copyright non concerne le performance pubbliche “senza scopo di lucro, diretto o indiretto” – chiaramente il caso delle suonerie per cellulari. Se i telefoni degli utenti non infrangono la legge sul copyright, allora i provider di servizi per i cellulari non contribuiscono ad alcuna infrazione.
Secondo la EFF la denuncia non ha alcun minimo motivo d’essere. Ciò nonostante non si abbassa la guardia poiché una eventuale sentenza a favore dell’ASCAP non solo determinerebbe un grave danno per l’intero comparto, ma trasformerebbe giocoforza gli utenti in attori primi dell’infrazione contestata poiché fruitori di musica non autorizzata per il pubblico ascolto. Il Center for Democracy and Technology and Public Knowledge si sarebbe unito all’EFF per portare avanti la battaglia contro l’ASCAP.
Il tutto giunge peraltro a poche ore da un’altra curiosa vertenza legale che vede contrapposte MCS Music America ed il trio Microsoft, Yahoo e RealNetworks. In questo caso sotto accusa v’è il mancato compenso agli autori poiché i rispettivi music store godono soltanto di autorizzazione per la distribuzione, mentre nulla viene invece versato a chi conserva i diritti sulle composizioni.
In entrambi i casi il nocciolo della questione appare sgangherato, ma il motivo d’essere si sostiene sulla nebulosità di un concetto di copyright sempre meno adeguato alle nuove tecnologie, sempre più fumoso e dai contorni sempre meno definiti. Le zone d’ombra sono molte ed i casi dubbi si moltiplicano. Toccherà ai giudici incaricati tracciare i nuovi confini a suon di sentenze.