La Svezia potrebbe aver dato vita ad una normativa destinata poco per volta a diventare una forte tentazione in tutta Europa. Così come in Italia si era già temuto nei mesi passati, infatti, in Svezia il legislatore ha voluto estendere anche a pc e tablet quello che in Italia è denominato “Canone RAI”. Di fatto nel nostro paese si tratta di una tassa sul televisore che serve a finanziare la produzione della tv di stato ed il relativo servizio pubblico, ma il legame con la televisione è evidentemente un retaggio di un passato nel quale il televisore era l’unico strumento attraverso cui le immagini erano veicolate.
In Svezia il legislatore ha così voluto svecchiare il regolamento basandosi su un semplice sillogismo: nel momento in cui le televisioni di Stato (SVT) iniziano a trasmettere anche online, e nel momento in cui questa opportunità rischia di portare gli utenti a valutare l’abbandono del televisore in favore di monitor per pc di dimensione generosa, allora il canone potrebbe essere facilmente aggirato in funzione di uno scollamento tra la realtà del mercato e la realtà affrontata dalle normative.
L’idea è semplice e, sia pur se di portata limitata nei fatti, rivoluzionaria: chiunque abbia accesso alla tv di stato, che sia su tv o su pc o su tablet, deve pagare il relativo canone. Non diventa dunque necessario pagare per ogni singolo strumento di accesso, ma soltanto pagare una autorizzazione all’accesso medesimo. Chi già paga il canone tv, insomma, non dovrà pagare alcunché se è in possesso di tablet o pc, mentre il canone sarà dovuto per tutti coloro i quali, in assenza di un televisore, decidono di acquistare uno strumento informatico che possa dare accesso al servizio pubblico della televisione di Stato.
In Svezia il canone tv è nell’ordine dei 240 euro ed è pagato dal 90% dei cittadini. In Italia, dove il canone costa molto meno ma l’evasione raggiunge il 30%, il tentativo di estendere agli strumenti informatici la tassa si è presto rivelata una mossa scomposta, mal formulata, subito osteggiata e presto bocciata. L’idea svedese potrebbe però prendere piede: chi non paga il canone, se in possesso di strumenti quali tablet o pc, potrebbe essere costretto a pagare il proprio diritto di accedere al servizio pubblico. Qualunque sia lo strumento, o quasi: sebbene sia possibile accedere anche da mobile a talune programmazioni di Stato, al momento nessuno ha avanzato ipotesi di estensione del canone anche ai dispositivi mobile.
Chiunque proverà ad ipotizzare per l’Italia un allineamento con la normativa svedese dovrà scontrarsi con una considerazione ulteriore: il digital divide italiano rende la nostra situazione del tutto differente da quella del paese nordico. Dove la banda è poco larga e la copertura è poco capillare, pensare di estendere il canone anche alle trasmissioni statali che fluiscono tramite la rete è di per sé fuori da ogni logica, rendendo dunque inapplicabile il principio. Ma la Svezia è destinata a far scuola, dunque occorre attendersi simile tentazione anche nel nostro paese nel giro di breve.