Buone notizie per tutti i consumatori. Il Tar del lazio ha respinto un ricorso portato avanti da Vodafone che aveva chiesto di sospendere la delibera dell’AGCOM sui rimborsi delle bollette a 28 giorni. Con la decisione del Tar, dunque, gli operatori TIM, Vodafone, Wind Tre e Fastweb dovranno adeguarsi a quanto deciso dall’AGCOM e, quindi, dovranno rimborsare i loro clienti di quanto illegittimamente fatturato nelle bollette a 28 giorni in violazione della delibera dell’AGCOM n. 121/17/CONS.
I rimborsi dovranno avvenire entro la fine dell’anno e precisamente entro il termine del 31 dicembre 2018. Non ci sarà un vero e proprio rimborso monetario, nel senso che i clienti degli operatori non riceveranno sconti all’interno delle bollette. Il rimborso avverrà sotto forma di posticipazione della data di decorrenza della fattura di rete fissa pari al numero di giorni illegittimamente erosi. Una scelta che fu fatta per non pesare troppo sui bilanci delle società. La decisione del Tar del Lazio prova a chiudere una delle vicende più controverse del settore della telefonia degli ultimi anni.
Per gli operatori, però, ci potrebbe essere ancora una piccola “scappatoia” per provare a rimandare la decisione dell’AGCOM. Infatti, rimane ancora la possibilità di appellarsi al Consiglio di Stato. Nei prossimi giorni si vedrà, dunque, quale sarà la loro decisione.
La vicenda delle bollette a 28 giorni ha tenuto banco per molto tempo ed a visto da una parte gli operatori che difendevano la loro scelta e dall’altra l’AGCOM ed il Governo che contestavano apertamente questa prassi. Con una prima delibera, l’AGCOM aveva diffidato gli operatori a continuare con questo tipo di fatturazione.
Gli operatori, però, reagirono impugnando la decisione sempre davanti al Tar del Lazio ottenendo una sua sospensione in attesa della sentenza. Nel frattempo, AGCOM ribadì la sua decisione fissando per la fine dell’anno i tempi per l’erogazione dei rimborsi. Adesso, con la sentenza del Tar del Lazio, per gli operatori la strada sembrerebbe segnata a meno che, come detto, non si appellino al Consiglio di Stato.