Nel giorno in cui l’equo compenso avrebbe potuto subire una fondamentale sconfitta, la gabella avversata da molti per i costi aggiuntivi che impone al settore tecnologico ne esce invece rafforzata. L’annuncio giunge direttamente dalla SIAE, la quale esulta invece per una sentenza che aveva caldamente promosso ed atteso:
La Società Italiana Autori Editori (SIAE) esprime vivissima soddisfazione per le sentenze rese dal TAR del Lazio che rigettano in toto gli 8 ricorsi proposti contro il Decreto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali del 30.12.2009, sulla determinazione dei compensi di Copia Privata concernenti apparecchi e supporti per la riproduzione ad uso personale di opere dell’ingegno.
Il TAR, insomma, ha stabilito che è legittima la norma secondo la quale qualsiasi dispositivo elettronico dotato di memoria debba essere aggravato di un costo aggiuntivo: tale costo è rappresentato dal cosiddetto “equo compenso“, ossia una cifra stabilita dalla legge per compensare coloro i quali, in conseguenza di tale dotazione hardware, possano essere danneggiati per i contenuti che la memoria potrebbe potenzialmente archiviare. La norma va insomma a distribuire sull’intera collettività dei consumatori un costo che soltanto chi produce copie private dei contenuti dovrebbe pagare: nell’impossibilità di garantire che un dispositivo possa conservare soltanto file originali, la norma prevede che tutti debbano pagare per fare in modo che i detentori del copyright possano essere debitamente compensati.
I Giudici Amministrativi, con queste sentenze, che rigettano decine di motivi di impugnazione proposti contro il Decreto, confermano che il sistema italiano che disciplina i diritti di Copia Privata è tra i migliori, se non il migliore, d’Europa perché pienamente rispettoso delle Direttive europee, dei pronunciamenti della Corte di Giustizia e del nostro Ordinamento giuridico nazionale.
Ricorso bocciato, equo compenso blindato: sebbene la norma sia stata avversata per il modo poco meritocratico e strutturalmente semplicistico con cui rastrella denaro sul mercato per coprire i “buchi” generati da una velata pirateria, la legge esce comunque confermata nei propri assunti, rinforzata nelle proprie basi e pertanto pienamente legittimata dalla giurisprudenza.
La conseguenza della decisione del TAR è in un costo aggiuntivo (da non chiamarsi “tassa“) che ogni acquirente dovrà ai vari produttori per ogni smartphone, tablet o altro device acquistato.