Da diversi mesi la Commissione europea studia il modo di tassare i giganti del web (Amazon, Apple, Facebook, Google, eBay e altri) per eliminare le differenze tra singoli stati e rispetto alle aziende tradizionali. Dopo varie discussioni sono state oggi presentate due proposte legislative per la tassazione delle attività digitali che verranno successivamente esaminate dal Consiglio e dal Parlamento europeo, prima dell’eventuale approvazione.
Economia digitale e distorsione fiscale
La Commissione sottolinea che la cosiddetta economia digitale ha fortemente contribuito alla crescita dell’Europa. Tuttavia le attuali leggi in materia fiscale sono state emanate per le aziende che hanno una presenza fisica in un solo paese (alcune norme risalgono ad oltre 100 anni fa). Le grandi multinazionali del web, che ottengono profitti dalla vendita online di prodotti e servizi, hanno sedi sparse in numerosi paesi e versano le tasse in quelli che offrono “sconti personalizzati”. Amazon, ad esempio, ha pagato appena 16,5 milioni di tasse su 21,6 miliardi di utili generati nel 2016, grazie ad un accordo con il Lussemburgo.
Ciò ha creato anche una distorsione fiscale, in quanto le aziende del web pagano in media il 9,5% di tasse, mentre le aziende tradizionali pagano in media il 23,2%. I singoli stati hanno iniziato a cercare soluzioni rapide e unilaterali per tassare le attività digitali. Invece occorre «un approccio coordinato per garantire che l’economia digitale sia tassata in modo equo, sostenibile e favorevole alla crescita». Le due proposte (una definitiva e una temporanea) della Commissione europea permettono di stabilire “dove tassare e cosa tassare”.
Le proposte della Commissione europea
La prima proposta prevede la riforma delle norme in materia di imposte sulle attività digitali. Ogni stato membro potrà tassare gli utili generati sul territorio, anche se l’azienda non ha nessuna presenza fisica, equiparandole di fatto alle società tradizionali. La presenza digitale verrà considerata stabile se l’azienda supera i 7 milioni di ricavi annuali, se ha più di 100.00 utenti in un esercizio fiscale e se vengono conclusi oltre 3.000 contratti per servizi digitali tra aziende e utenti.
La seconda proposta prevede un’imposta temporanea sui ricavi generati da determinate attività digitali, difficile da quantificare con le norme attuali, come quelli ottenuti dalla vendita di spazi pubblicitari online (Google?), da attività di intermediazione digitale che semplificano la vendita di beni e servizi tra utenti (eBay?) e dalla vendita di dati generati da informazioni fornite dagli utenti (Facebook?).
L’imposta verrà riscossa dagli stati in cui si trovano gli utenti e si applicherà solo alle aziende con ricavi annui complessivi a livello mondiale di 750 milioni di euro e ricavi nell’Unione Europea di 50 milioni di euro. Nel caso di un’aliquota del 3% si prevedono entrate per gli stati membri di circa 5 miliardi di euro all’anno.