Il ritorno di Taylor Swift su Spotify e altre piattaforme di streaming, oltre ad Apple Music, si è trasformato in un piccolo bottino per la cantante statunitense. In 12 giorni di disponibilità sembra che la popstar sia stata in grado di incassare ben 400.000 dollari, un fatto che indirettamente sconfessa le teorie portate avanti dalla stessa Swift negli ultimi anni: l’artista aveva abbandonato lo streaming poiché non sufficientemente remunerativo per i musicisti.
La questione affonda le sue radici nel 2015, quando Taylor Swift ha deciso di non concedere in streaming il suo album “1989” e, qualche mese più tardi, di scrivere una lettera pubblica diretta ad Apple. A pochi giorni dal lancio di Apple Music, infatti, la popstar ha espresso delusione per la possibile esclusione delle royalties nei primi tre mesi gratuiti del servizio, strategia poi abbandonata dalla stessa Apple proprio in risposta alla cantante. Così è nata una fitta collaborazione tra il gruppo di Cupertino e l’interprete di “Bad Blood”, sfociata nello streaming esclusivo di “1989” nonché in alcuni spot e documentari. In occasione della certificazione per i 100 milioni di canzoni vendute, la giovane artista ha cambiato idea, rendendo disponibili tutti i suoi album sulle principali piattaforme d’ascolto online.
Secondo quanto reso noto da Billboard, testata che ha elaborato delle stime sulla base di alcuni dati raccolti da Nielsen Music, Swift avrebbe totalizzato 44 milioni di dollari nella prima settimana di disponibilità, a cui se ne aggiungono 285.000 nei sette giorni successivi. Un guadagno ricavato dai 7.3 milioni di brani ascoltati in streaming nella prima settimana e dai 47.5 nella seconda, basati su una media di 0.006 dollari ad ascolto fra le varie piattaforme disponibili. La testata, tuttavia, suggerisce come la cifra potrebbe tuttavia essere prossima ai 400.000, considerato come Spotify si attesti su una media di 0.0015 dollari a riproduzione e, naturalmente, come sia probabile gli utenti abbiano sfruttato maggiormente questo servizio rispetto agli altri.
Le condizioni sono ovviamente molto diverse rispetto a tre anni fa, poiché oggi Spotify rappresenta una delle forme principali di introito per l’industria musicale e, insieme alle altre piattaforme, può garantire dei pagamenti più cospicui ad artisti e autori. Chissà che, con il senno di poi, la giovane non sia ormai pronta a lasciarsi le vecchie battaglie alle spalle.