Non si placa la polemica accesa da Taylor Swift, cantante pop con un passato nella country, nei confronti di Spotify. L’artista la scorsa settimana ha deciso di rimuovere tutti i suoi album dal celebre servizio di streaming musicale, lasciandoli però disponibili su quelli della concorrenza come iTunes Radio, Beats Music, Rdio e molti altri. Ed è proprio uno di questi, Rdio, a intervenire sulla questione per difendere la giovane venticinquenne.
Non è di certo la prima artista a decidere di lasciare i verdi lidi di Spotify, eppure solo Taylor Swift è riuscita a sollevare un polverone così accesso. Il popolo dei social network ha mostrato vago disinteresse per l’assenza del catalogo della popstar dal portale musicale, preferendo invece la derisione e i meme virali. La questione, però, non è passata inosservata a concorrenti e agli esperti di settore, i quali pare stiano facendo a gara per non perdere le attenzioni di una cantante che, in una manciata di giorni, ha venduto oltre un milione di copie dell’ultimo album “1989”.
La popstar pare si sia detta poco soddisfatta del modello di business di Spotify, poiché non sufficiente a ricompensare le sue fatiche, così come quelle dei suoi colleghi e dell’intera industria. Eppure in molti l’hanno criticata per la scelta di abbandonare solo Spotify, quando altri servizi hanno tariffe per le royalties praticamente simili se non addirittura inferiori. Anthony Bay, CEO di Rdio, ha però deciso di difendere pubblicamente la giovane cantante: la musica è arte, sostiene, e l’artista deve poter decidere quel che farne.
Bay sostiene come la scelta della Swift non sia una chiusura nei confronti dello streaming, bensì un rifiuto di un preciso modello di streaming. Quello che permette agli utenti di godere di un ascolto illimitato, di scegliere le proprie canzoni, di non pagare alcun sovrapprezzo anche in assenza di un abbonamento premium.
Ha detto di non ritenere la sua musica debba essere gratuita. Non vuole che la sua musica sia riprodotta su un servizio illimitato, on-demand e con pubblicità. Non è anti-streaming: è anti quel tipo di streaming.
Una posizione legittima, eppure forse fuorviante per comprendere questo mercato in ascesa. L’enorme differenza di iscritti che separa Spotify da tutti i concorrenti, con 40 milioni di utenti e 10 milioni sottoscrittori di un abbonamento, è determinata proprio dall’alta autonomia garantita all’ascoltatore, che non si vede costretto a subire delle playlist non gradite o musica selezionata dall’alto. Con Spotify l’utente è padrone del proprio gusto musicale e questo è sufficiente a determinarne il successo. Inoltre, così come la società ha spiegato più volte sul sito ufficiale, non esiste un prezzo fisso di riproduzione, ma questo oscilla a seconda delle riproduzioni totali, della popolarità dell’artista e molto altro. Sebbene i dati non siano stati ovviamente rivelati, con diverse decine di milioni di riproduzione ogni mese, il catalogo di Taylor Swift è probabile generasse guadagni sopra la media tipica del servizio. Riusciranno i competitor a fare altrettanto, con numeri decisamente più contenuti di iscritti? Non resta che attendere la prossima mossa della cantante per scoprirlo.