In Italia non si fa abbastanza per promuovere la banda larga. Da sensazione collettiva, il tutto diventa un dato di fatto nel momento in cui sono i grandi attori a riferirne pubblicamente l’allarme. L’ultimo appello al Governo, però, giunge dall’attore che più di ogni altro ha un ruolo fondamentale: Gabriele Galateri di Genola, presidente Telecom Italia.
«Il governo deve avere maggiore determinazione negli investimenti su sistemi digitali, banda larga e servizi online […] sono consapevoli di questa situazione il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta e il sottosegretario [alle Comunicazioni] Paolo Romani, ma nelle decisioni del governo non trovo la stessa determinazione a investire […] i dati dell’Osservatorio Italia digitale 2.0 confermano che il Paese si trova problemi di bassa competitività dovuta anche a un insufficiente utilizzo di tecnologie digitali […] Siamo tutti ben consci della difficile situazione del Paese. Ritengo però che vi sia un problema di precedenze e che alle tecnologie dell’Informatica e delle Telecomunicazioni sia attualmente assegnata una priorità troppo bassa in relazione al contributo che possono fornire alla ripresa dell’economia». Galateri, insomma, prende il Governo per la giacchetta e richiama le istituzioni ad un aiuto in un momento in cui gli investimenti rimangono bloccati tanto sul versante privato, quanto su quello pubblico.
A far coro a Telecom Italia, peraltro, giunge a supporto anche Confindustria. Le dichiarazioni sono concomitanti a quelle provenienti da TI e sono rilasciate da Stefano Pileri, presidente di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici: «è necessario avviare con urgenza un programma d’innovazione industriale italiano per lo sviluppo di piattaforme digitali a sostegno di Settori, Filiere, Distretti, Cluster, Reti d’imprese per aumentarne la produttività, ormai stazionaria da anni, e recuperare la caduta delle esportazioni sui mercati internazionali». Confindustria e Telecom viaggiano su binari paralleli ed in medesima direzione: il Governo deve decidere immediatamente come investire le poche risorse disponibili poiché è necessaria una immediata progettualità per sbloccare i lavori che andranno ad alimentare il futuro della tecnologia nel paese. Il riferimento al Piano Romani è tutto fuorché nascosto.
Ad intervenire sul tema, però, c’è anche chi da tempo chiede investimenti sul settore vedendo ripetutamente cadere nel vuoto gli appelli promulgati: secondo l’associazione Anti Digital Divide, infatti, oltre ad una assenza di investimenti vi sarebbe anche un atteggiamento poco lineare da parte del Garante: «In questi giorni, tra multe e multine, leggiamo: “L’Autorità ha tuttavia deciso di eliminare l’obbligo di price cap per il canone telefonico dovuto dalla clientela finale (consumatori ed aziende). Portata oggi a consultazione, questa misura – che comunque salvaguarda le cosiddette “fasce sociali” e rispetta gli obblighi di servizio universale – allinea l’Italia agli altri Paesi comunitari, e serve a stimolare più innovazione nelle offerte a vantaggio dei consumatori. Rimangono regolati i costi delle tariffe all’ingrosso”. Ah, quindi questo ci allinearà agli altri paesi!. Ma la rete Telecom è allineata a quelle degli altri paesi? Assolutamente poco convinti che altrove ci sia un incumbent con lo stesso strapotere. Una simile decisione sarebbe stata in parte giustificabile se i gli introiti indotti dall’aumento di 85 cent. al canone (moltiplicato ogni mese per oltre 25 milioni di linee, ricordiamocelo) fossero serviti per nuovi investimenti, ammodernamenti della rete, ampliamento della copertura a banda larga… ma di queste novità ancora nessuna traccia! […] E l’Autority anzichè insistere sulla manutenzione e l’ammodernamento della rete, sulla trasparenza delle offerte, sull’informazione e sulla tutela dell’utente finale, cosa fà? Concede, concede, concede…».