Emi, Universal e Fimi unite contro Telecom Italia, accusata di aver dato vita ad un servizio di streaming in cui ben 10 milioni di brani musicali sono stati trasmessi per un mese senza alcun’autorizzazione.
Il sito in questione, Next Music, è stato lanciato solo qualche settimana fa e proprio oggi, stranamente in concomitanza con il vespaio di polemiche sollevato per via delle presunte irregolarità, è stato improvvisamente chiuso con la motivazione che il periodo di sperimentazione previsto è giunto al termine.
Grazie per l’interesse che hai mostrato per Next Music. La sperimentazione ha registrato una larga partecipazione ed è ora conclusa.
Questo il messaggio che campeggia sulla homepage del servizio. Ma ciò non basta a placare l’ira di chi detiene e difende i diritti dei brani trasmessi.
Dal canto suo, Telecom Italia si difende scaricando la responsabilità su Grooveshark, fornitore del servizio che aveva assicurato di detenere tutte le autorizzazioni necessarie allo streaming, assumendosi tutta la responsabilità per la messa online di Next Music.
Il nostro paese perde così un altro servizio di musica on demand, dopo che negli anni scorsi era stato Pandora, uno dei siti pionieri in questo ambito, ad escludere gli europei dalla fruizione del proprio catalogo.
Anche Spotify, utilizzatissimo all’estero, dall’Italia non è raggiungibile se non mediante particolari stratagemmi.
L’unica possibilità di ascoltare radio in streaming personalizzate sembra essere rimasta Last.fm, divenuta da qualche mese comunque a pagamento, oppure Deezer, che dopo un periodo di assestamento e restyling sembra aver ripreso la normale attività.