Un team di ricercatori dell’Università di Oxford ha compiuto un’importante svolta nel campo del quantum computing, realizzando per la prima volta il trasferimento wireless di un algoritmo quantistico tra processori separati. Questo traguardo, basato sul fenomeno dell’entanglement quantistico, potrebbe rivoluzionare il futuro dei computer quantistici, superando i limiti di scalabilità che hanno finora ostacolato il loro sviluppo.
La scoperta, guidata dallo scienziato Dougal Main, introduce una nuova frontiera per la computazione quantistica distribuita. Tradizionalmente, i computer quantistici richiedevano che i processori fossero fisicamente nello stesso ambiente, con evidenti vincoli in termini di spazio e complessità. Grazie al nuovo sistema, i processori remoti possono ora essere collegati tramite il teletrasporto quantistico, aumentando significativamente la potenza di calcolo disponibile.
L’innovativa tecnica sfrutta le proprietà dell’entanglement quantistico, in cui due particelle rimangono connesse istantaneamente indipendentemente dalla distanza. Durante i test, i ricercatori hanno trasferito dati tra moduli distanti due metri utilizzando fotoni entangled come mezzo di comunicazione. Sebbene le particelle siano rimaste ferme, hanno consentito ai processori di condividere ed elaborare informazioni simultaneamente, con un’affidabilità dell’86%.
Questa tecnologia promette di superare l’attuale limite di 50 qubit per processore, aprendo la strada a computer quantistici distribuiti in grado di gestire migliaia o milioni di qubit. I risultati sono già sorprendenti: il processore Willow di Google ha recentemente completato in 5 minuti calcoli che richiederebbero 10 quadrilioni di anni a un supercomputer tradizionale.
Le prospettive future sono ancora più ambiziose. Gli esperti prevedono la nascita di un internet quantistico globale, una rete di computer quantistici interconnessi che potrebbe rivoluzionare settori chiave come crittografia, modellazione molecolare e intelligenza artificiale. La ricerca, pubblicata su Nature, segna quindi l’inizio di una nuova era per il quantum computing distribuito.