Lo scorso fine settimana si è conclusa l’asta per l’assegnazione delle frequenze della telefonia mobile. Asta da record con quasi 4 miliardi di euro incassati dallo Stato e il via teorico all’era delle reti 4G. A questo punto è forse arrivato il momento di capire cosa succederà adesso e quali sono stati i commenti post asta da parte dei gestori che vi hanno partecipato. Il Governo sperava di incassare almeno 2,4 miliardi di euro, diciamo 3 miliardi nelle più rosse aspettative, eppure siamo andati ben oltre. Viene anche da chiedersi a questo punto che fine farà questo piccolo tesoretto accumulato grazie agli extra dell’asta.
Rileggendo il regolamento dell’asta scopriamo che 2,4 miliardi vanno al Governo ed erano già dati per certi, tanto da essere inseriti nell’ultima finanziaria. Altri 400 milioni andranno come rimborso alle TV locali per lo scippo delle frequenze da 800MHz e altri 800 milioni andranno per lo sviluppo del settore delle TLC (il 10% di questi soldi finanzieranno in particolare lo sviluppo della banda larga).
Calcolatrice alla mano avanzerebbero poco meno di 400 milioni di euro. Dove finiranno? Classica domanda senza risposta purtroppo. C’è chi vorrebbe reinvestirli nel settore delle TLC, chi nel settore delle TV, chi anche nel settore del trasporto pubblico locale. Insomma il solito caos all’italiana.
E gli operatori dopo aver partecipato all’asta che dicono, quali saranno i piani per lo sviluppo del 4G? Anche qui luci e ombre.
L’amministratore delegato di 3 Italia, Vincenzo Novari, si è detto estremamente soddisfatto dei risultati ottenuti perché la propria azienda ha ottenuto la quantità di frequenze necessarie per garantire il passaggio all’LTE e offrire comunque la massima qualità ai propri clienti. Inoltre grazie alla disponibilità quasi immediata delle frequenze conquistate (1800MHz e 2600MHz), i test sull’LTE partiranno già nei prossimi mesi.
Meno soddisfatto dell’AD di 3 Italia, il presidente di Telecom Italia Franco Bernabé che ha evidenziato come gli sforzi economici dell’asta penalizzeranno non poco gli investimenti futuri. Questo perché alcune dei blocchi di frequenze conquistati (800MHz) non saranno liberi prima di 12-15 mesi e dunque sino ad allora non si potrà avere un ritorno sugli investimenti fatti. Probabilmente, conclude Bernabè, forzare il percorso per ottenere da subito la liberalizzazione di tutte le frequenze, avrebbe portato a una maggiore spinta per gli investimenti nel settore della telefonia mobile.
Insomma, come sottolineano gli analisti, ci troviamo di fronte al solito caos all’italiana, in un periodo critico per l’economia, in cui servirebbe probabilmente maggiore chiarezza sulle strategie da seguire, ricordando che le TLC in Europa vengono considerate la forza trainante per uscire dalla crisi. E dunque perché in Italia si tentenna ancora nell’investire in questo settore?