Una scossa che nessuna arma nucleare esistente potrebbe mai provocare se fosse fatta esplodere nelle viscere della Terra. Centinaia di morti, treni e navi letteralmente ingoiate dalle acque salate di un oceano che entra per decine di chilometri nell’entroterra. Infrastrutture saltate, come autostrade, ponti, centrali elettriche. È lo scenario apocalittico del disastro naturale scoppiato stamani in Giappone. Eppure, in questo caos, c’è qualcosa che funziona ancora: Internet.
Se il Web 2.0 sta rispondendo all’appello e il mondo è in grado di informarsi in tempo reale su quanto sta accadendo nel paese del Sol levante è anche grazie al fatto che in questo contesto eccezionale Internet è incredibilmente ancora online.
Al sisma poche cose hanno resistito: le linee telefoniche fisse sono saltate, mentre quelle dei dati mobili vanno a singhiozzo, Internet invece funziona e sta svolgendo un ruolo importantissimo nel coordinare le persone, gli aiuti, le informazioni.
Con la rete telematica attiva, infatti, computer e vari device mobili (peraltro molto diffusi in Giappone) stanno sopperendo al bisogno di comunicare dei milioni di persone coinvolte.
Tweet al posto degli SMS, email al posto delle telefonate, in qualche caso anche il VoIP per videochiamate agli amici e parenti: questi nuovi social media stanno permettendo un relativo controllo della situazione calmando possibili esplosioni di panico, perché in tanti, nelle città, sono ancora riversi sulle strade, attorno alle stazioni, intenti a trovare un modo per tornare a casa.
Il fenomeno è impressionante perché realizza in concreto la prospettiva (mai auspicabile) per cui Internet era stato inizialmente pensato. Fu infatti durante la Guerra Fredda che i servizi segreti militari americani cominciarono a pensare a una rete che potesse sopravvivere a uno scenario da “fine del mondo”.
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