Ha un nome da film sci-fi americano, ma a qualche americano, soprattutto di Washington, non piacerà affatto. Da oggi è online l’atteso sito di Glenn Greenwald, il giornalista britannico che ha più di tutti gli altri creduto in Edward Snowden e contribuito a far conoscere al mondo le attività della NSA. The Intercept ha due obiettivi: pubblicare tutto quanto appreso dal whistleblower e pubblicare inchieste di alto livello sulla base di documenti top secret, grazie anche al secureDrop, un server crittografato sulla rete Tor.
Con un classico post di benvenuto, i tre redattori a capo di questa nuova e importante iniziativa editoriale, Glenn Greenwald, Laura Poitras e Jeremy Scahill – i primi due sono gli unici giornalisti al mondo ad aver conosciuto personalmente Snowden e averci lavorato, il terzo è un altro reporter investigativo coinvolto nella denuncia del Datagate – hanno subito voluto sottolineare i due obiettivi di questa piattaforma:
La nostra missione a breve termine è limitata, ma estremamente importante: fornire una piattaforma e una struttura editoriale di riferimento per i comunicati della nostra fonte, Edward Snowden. Negli ultimi sette mesi, i giornalisti che hanno riportato questi documenti della National Security Agency sono stati ripetutamente minacciati da una vasta gamma di funzionari governativi. A volte la campagna di intimidazione è andata oltre le semplici minacce. Queste tattiche intimidatorie si sono intensificati nelle ultime settimane e sono diventate chiaramente più concertate e coordinate. (…)
La nostra missione a lungo termine è quella di fornire un giornalismo aggressivo e indipendente su un’ampia gamma di questioni, dai segreti di stato agli abusi penali, dalle libertà civili alle violazioni dei media alla disuguaglianza sociale e tutte le forme di corruzione finanziaria e politica. Sarà garantita l’indipendenza editoriale dei nostri giornalisti, ed essi saranno incoraggiati a perseguire la loro passione.
Le prime inchieste: droni e edifici della NSA
The Intercept ha già pubblicato due articoli. Il primo, firmato da Scahill e Greenwald, documenta i metodi della NSA per identificare i propri obiettivi tramite i droni. Tecnologia sulla quale molto si discute negli Stati Uniti, perché controversa e non perfettamente sicura. Snowden ha rilasciato della documentazione che rivela come l’amministrazione Obama sia informata dell’uccisione accidentale di persone innocenti. Incidenti dovuti ai medesimi meccanismi denunciati dalle inchieste di questi mesi: la combinazione di metadati e intercettazioni telefoniche. Si parla di 273 civili morti negli attacchi dei droni negli ultimi cinque anni in paesi come la Somalia o il Pakistan.
The NSA like you've never seen it before: http://t.co/qiIqrfumvR pic.twitter.com/TqbIeoEd2x
— The Intercept (@theintercept) February 10, 2014
Il secondo articolo, invece, è un viaggio del fotografo Trevor Paglen, che sta immortalando per la prima volta molti degli edifici fin qui soltanto citati dagli articoli e dalle slide dei file di Snowden.
L’editore
L’editore di Intercept è la First Look Media, fondata dall’inventore di eBay Pierre Omidyar. Un investimento mostruoso (250 milioni di dollari) che intende cambiare l’inchiesta giornalistica online. Le basi su cui poggia The Intercept sono notevolmente diverse dalle teorie e pratiche giornalistiche valide anche solo cinque anni fa. Sembra trascorso un secolo, eppure nella seconda metà del primo decennio del Duemila erano sulla cresta dell’onda le posizioni di Rupert Murdoch e il suo tentativo di costruire un giornalismo paid content, a cui si opponevano altri che credevano nel freemium. Il citizen journalism era considerato come la panacea per tutti i mali del giornalismo cartaceo e l’advertising cresceva sul desktop.
Tutto questo è crollato, per colpa della crisi mondiale, dell’avvento di Wikileaks, per l’esplosione dei social e degli smartphone. Le rivelazioni di Snowden hanno messo in grande difficoltà anche la credibilità della Rete e dei prodotti giornalistici mainstream in essa contenuti e i cittadini sono tornati a volere inchieste “per loro” e non fatte da loro.
Lo spirito di Aaron Swartz
A questo obiettivo concorre anche il sistema secureDrop di questo sito. Essendo i giornalisti dello staff convinti della diffusa e grave violazione della privacy di tutti i cittadini, sarebbe stato ovviamente contradditorio non porsi la questione di come garantire sicurezza ai suoi lettori e contributori. Così ogni giornalista ha una sua chiave pubblica PGP per la decrittazione e l’autenticazione dei dati, una sorta di firma digitale crittografica del redattore.
Inoltre, è possibile inviare documentazione installando un Tor sul proprio browser, una volta inserito un codice. Il server non registra alcuna informazione come indirizzo IP, browser o sistema operativo, né conserva cookies. Quando si usa Tor per collegarsi al server, la connessione è crittografata.
Questo sistema è stato pensato dal compianto Aaron Swartz, l’attivista e geniale informatico morto suicida un anno fa. Si può dire che lo spirito di questo progetto, portato avanti dalla Freedom of the Press Foundation, albega ora in questo nuovo sito giornalistico, che ha un tale successo da aver già qualche problema di stabilità. Poco male, porta fortuna.
Looks like we’re having some stability issues with the site. Our tech people are working on it. -ac
— The Intercept (@theintercept) February 10, 2014