Dai vertici di Tiffany sono arrivate direttive per una nuova linea di condotta in campo legale. L’azienda di gioielli infatti ha deciso che smetterà di perseguire i singoli venditori di oggetti contraffatti con il marchio Tiffany e se la prenderà direttamente e solo con eBay.
Michael J. Kowalski, numero uno di Tiffany, ha infatti dichiarato che «al cuore della questione c’è il network di distribuzione e non il venditore». Secondo Tiffany infatti è la compagnia con sede a San Jose che dovrebbe controllare automaticamente gli oggetti messi in vendita sul loro sito e non dovrebbero essere loro a scandagliare eBay alla ricerca di oggetti contraffatti.
Tutto comincia nel 2003 quando Tiffany invia una lettera ad eBay nella quale li informa che chiunque venda più di 5 oggetti a marchio Tiffany è molto probabile che sia un contraffattore, ma sempre secondo Tiffany il sito d’aste online non li avrebbe presi sul serio. Da qui la causa nella quale la linea di difesa di eBay è sempre stata quella per cui non solo Tiffany, in quanto azienda titolare di marchio protetto, è incaricata di vigilare, ma che data la sua esperienza lo può anche fare meglio. E quando lo stesso giudice si è detto stupito dell’esiguo numero di cause intentate da Tiffany nei cinque anni in questione la casa di gioielli ha affermato che secondo il gruppo era infine più conveniente fare causa direttamente ad eBay.
La conclusione del processo arriva dopo cinque anni nei quali Tiffany ha speso circa 14 milioni di dollari nella lotta alla vendita di beni contraffatti con il proprio marchio, intentando circa 600 cause e offrendosi anche di collaborare con le forze dell’ordine per perseguire i singoli venditori. Una bella fetta della cifra spesa (trai 3 e i 5 milioni) se n’è poi andata nella lotta legale con eBay, lotta che è arrivata allo stadio finale con la deposizione di Kowalski e per la quale si attende un verdetto.
Al di là del singolo caso, la causa potrebbe essere molto importante nel dare un segno forte su chi è in dovere di vigilare contro le truffe in rete, i detentori del diritto oppure i fornitori dei servizi.