A distanza di circa 20 anni dalla sua nascita, il creatore del Web Tim Berners-Lee esamina la situazione in cui versa attualmente la rete. Lo fa per mezzo delle pagine di Scientific American, e lo fa consapevole di dover richiamare all’attenzione gli utenti su numerosi aspetti. Ma soprattutto, lo fa per far sì che i principi che hanno ispirato il World Wide Web dalla sua creazione non vengano intaccati.
Dal dicembre 1990 il mondo informatico è stato stravolto, ed Internet ne è diventato uno dei pilastri fondamentali: da ignoto mezzo dalle potenzialità sconosciute è diventato un concetto di comune portata. Ciò grazie allo sforzo di numerosi gruppi e persone che rispondono al nome di W3C, il consorzio nato per fornire alla rete una serie di regole standard per far sì che navigare sul Web non significhi tuffarsi in una giungla ricca di insidie. Ma il mondo di Internet così come lo conosciamo, spiega Berners-Lee, è a rischio.
A comprometterne l’integrità sono alcuni dei suoi «abitanti, che hanno iniziato a comprometterne alcuni principi». «I social network di ampia portata hanno iniziato a condividere le informazioni postate dagli utenti con il resto del Web. I provider Internet Wireless stanno provando a rallentare il traffico verso siti con i quali non hanno stretto accordi. I Governi, sia totalitari che democratici, stanno monitorando le abitudini online degli utenti, infrangendo importanti diritti umani». Secondo Lee, l’unico modo per far sì che questa situazione possa definitivamente cessare è una sollecitazione da parte degli utenti, di coloro che il Web lo fanno e lo vivono quotidianamente. Il rischio è quello di una frammentazione dell’intera rete Internet.
La parola chiave deve essere universalità. Chiunque deve poter accedere ad Internet, indipendentemente dal livello culturale, dalla condizione socio-economica, dalla posizione geografica, dallo stato psico-fisico, e da ogni elemento che possa rappresentare un ostacolo per chi voglia navigare. Per avere universalità, spiega Berners-Lee, c’è bisogno di standard aperti, cui qualunque persona con le dovute conoscenze possa collaborare e disponibili gratuitamente tramite la rete. Ed è proprio sul tema della realizzazione di strumenti aperti e universali che il guru di Internet argomenta la propria tesi contro Apple: il capo d’accusa è iTunes, che utilizza un protocollo aperto come l’URI per reperire informazioni su musica e video in rete, ma sfrutta poi il formato “itunes:” per i link. Ciò significa non poter condividere con tutti un collegamento, creando una sorta di mondo a sé stante, isolato dal resto del Web.
Il discorso di Berners-Lee si protrae fino ai diritti digitali che spettano a qualunque utente del Web, toccando anche aspetti scottanti come la net neutrality. Bloccare l’accesso a determinati servizi o siti significa sostenere una politica discriminatoria, anche se tale pratica dovesse essere applicata solo in determinati campi (come le reti mobile). Un mezzo di comunicazione neutrale, quale vuole essere proprio la rete Internet, è «la base per un mercato economico in cui possa vigere la giusta competizione, per la democrazia, per la scienza».
Il mondo del Web rappresenta una risorsa fondamentale per tutti, e chiunque navighi è direttamente coinvolto nel monito di quello che è considerato il papà di Internet: «il Web è vostro. È una risorsa pubblica dalla quale dipendono i vostri affari, la vostra comunità, il vostro governo e voi. Il Web è vitale per la democrazia, è un canale che permette una comunicazione continua a livello internazionale». La bandiera di Internet deve essere dunque essere virtualmente esposta da tutti, sia oggi che in futuro. Un futuro che si chiama HTML5, non solo nuova versione del linguaggio di markup, ma una incredibile occasione per Internet di arricchirsi di potentissimi strumenti. Un futuro che si chiama mobile, con il Web nelle tasche di tutti. Ma soprattutto un futuro che si chiama Internet.