I brevetti stanno diventando un impedimento preoccupante. Ad esprimere un giudizio tanto netto e tagliente è Tim Berners-Lee, fondatore e direttore del World Wide Web Consortium (W3C). Berners-Lee non affronta l’argomento per la prima volta e già in passato aveva indicato negli standard aperti la giusta via per l’evoluzione della propria creatura.
Ed è proprio sugli standard che va a completarsi il commento di Berners-Lee. Egli vede nei brevetti un limite e negli standard una base comune di sviluppo, dunque la seconda via è quella che le nuove tecnologie emergenti debbono seguire per non bloccare la crescita tra le maglie legali del copyright (viste come una vera e propria tentazione alla quale il mondo dell’industria deve avere il coraggio di voltare le spalle).
L’importante divagazione sul tema brevetti è avvenuta all’interno di un excursus di ampio respiro nel quale Berners-Lee ha offerto nuove delucidazioni circa l’idea del “web semantico“, ovvero la meta alla quale il mondo di Internet deve ambire. Il padre del World Wide Web teorizza infatti una rete nella quale i collegamenti avvengano tra i significati e non tra i significanti, dove il computer possa fattivamente “capire”, dove i link siano costituiti a livello di contenuto e non di forma.
Jeffrey Bezos, CEO Amazon, ha detto di Tim Berners-Lee: «Non mi stupirei se la storia lo ricordasse come un secondo Gutemberg… Gutember 2.0». Basta questo indizio di venerabilità per dare il giusto peso alle argomentazioni offerte dal massimo rappresentante del W3C. Infondo, come indicato al termine della biografia online redatta dal CRN, questo è il web che egli teorizza. «Che spera. Che ha progettato.»