“Ho particolarmente apprezzato il modo in cui ha spiegato argomenti molto complessi con estrema semplicità. E ora la nuova sfida, e la fantastica ultima tecnologia che ha creato“: così Loly Alexandro Gonzales, Southern Europe CIO & CSO and Shared Services di Procter & Gamble, commenta quello che è stato per molti il momento clou dell’edizione 2019 di Campus Party a Milano, ovvero lo speech di Tim Berners Lee. Il quale non solo ha condiviso con la platea dei campuserors il periodo in cui, 30 anni fa, si è inventato il World Wide Web, ma anche anche “criticato” (come fa da qualche anno) la sua “creatura” sfuggita di mano da una serie di punti di vista (in primis, privacy, business dei dati, propaganda e fake news contro libertà e informazione). “E mi è piaciuto molto anche perchè aveva davanti molti giovani talenti che ha incoraggiato ad essere all’altezza della sfida della rivoluzione digitale“.
Ai campuseros, ovvero i giovani dai 18 ai 29 anni che hanno “vissuto” i quattro giorni di evento (dormendo, come da tradizione, nelle tende che l’organizzazione mette a disposizione), Berners Lee si è rivolto senza negare le difficoltà che le nuove generazioni si trovano davanti: “vi stiamo lasciando un Mondo meno positivo di quello con cui abbiamo cominciato. Quindi dovete mettere molta energia per capire cosa si aspetta il Mondo e cercare di darglielo“.
La sua vision è stata declinata prima attraverso la presentazione di quello che il web è diventato: da una parte, resta un luogo di grande libertà, come il suo inventore lo aveva pensato, dall’altra, però, c’è la dimensione di business, cui fa riferimento LoLy Gonzales, con tutte le conseguenze negative che comporta. In primis, il controllo dei dati (Berners Lee cita esplicitamente il caso Cambridge Analitics, e presenta grafici sul potere delle fake news nelle ultime elezioni americane (che hanno avuto più pubblico delle informazioni mainstream, 8,7 milioni di persone contro i 7,3 milioni raggiunti dalla stampa). La sua soluzione si chiama Solid, il progetto che, attraverso la sua fondazione non profit, il fondatore del web sta portando avanti e che risolve i problemi fondamentali del web. In parole semplici, il sistema prevede che l’utente abbia “la possibilità di scegliere cosa, come e quando condividere i dati con le applicazioni o con altre persone. I miei dati personali sono miei, posso condividerli solo con chi decido io, mentre posso scegliere di condividerne altri in modo più aperto. Migliora quindi anche la protezione della privacy e la sicurezza dei dati“. La tecnologia non è ancora alla portata di tutti, pari di capire, ma gli sviluppatori potrebbero già “iniziare a integrare Solid nei loro progetti, in modo da evitare la monetizzazione attraverso la vendita dei dati personali” ha spiegato Berners Lee.
Il progetto, che in una platea di giovani addetti ai lavori era in parte già noto (ma molti ne hanno sentito parlare per la prima volta proprio in questa occasione), raccoglie il favore dei campuseros. “Con Solid affronta un problema che c’è, e mi piace che mantenga un approccio aperto e open” commenta Cesare Montresor (che ci tiene a far sapere che organizza l’iniziativa tarallucci, vino a machine learning). Credo farà un po’ fatica (anche se e una personalità), secondo il quale però la sfida è particolarmente ambiziosa. “E vero che lui è una personalità, ma è anche vero che ormai c’è una moltiplicazione di servizi tale per cui è difficile distinguersi.” Conclude con una battuta: “ci si perde nella marea di Internet, di cui fra l’altro sir Berners Lee è responsabile“. Giorgio Manrini, 20 anni, studente di ingegneria informatica e sviluppatore, ha trovato interessante soprattutto il fatto “che non si sia concentrato su quello che ha fatto, ma sul modo in cui intende migliorare ancora il web, partendo dalle criticità del web attuale, come le fake news“. E aggiunge un tassello, sottolineando come una tecnologia utile in questo senso sia la blockchain, che garantisce la veridicità dei dati (in realtà a essere precisi garantisce la tranciabilità e l’assenza di manipolazione). “Ci sono già applicazioni in questo senso – spiega – Ad esempio il Mit (Massuchettes institute of technology) o università giapponesi, che utilizzano la blockchain per verificare i diplomi“. Anche Michele Fortunato, campuseros 29enne, it system administrator, è rimasto colpito in primis dal discorso sulla privacy, e dalle novità del progetto Solid sulla “libertà di scegliere quali dati condividere e con chi. Vuol dire cambiare l’intera infrastruttura“.
Lui, ai giovani che vogliono impegnarsi per rendere miglior il web in particolare e il mondo digitale in generale, lascia un consiglio preciso: “Scegliete con cura da chi imparare e con chi lavorare, i vostri mentor e i vostri colleghi. Lavorate su tutti i livelli: ci sono tante cose che necessitano del vostro intervento, quindi non fissatevi su un solo aspetto, bensì applicatevi sui diversi ambiti. Lavorare su più livelli consente di creare comunità più unite e capaci“.