La decisione è stata presa: dopo giorni di infuocate polemiche, Donald Trump ha deciso di porre fine al programma DACA, l’iniziativa voluta dalla precedente amministrazione Obama per l’integrazione dei figli degli immigrati cresciuti sul suolo statunitense. Una decisione voluta nonostante l’opposizione da parte dei principali gruppi high-tech, nonché degli esperti di diritto ed economia sul suolo statunitense. Pochi giorni fa Tim Cook aveva scelto la piattaforma Twitter per manifestare il suo dissenso nei confronti della Casa Bianca, oggi il CEO di Apple torna all’attacco con una lettera inviata ai dipendenti. E promette di far quanto in suo potere per proteggere i già ribattezzati Dreamers, 250 dei quali già da tempo assunti in quel di Cupertino.
Il programma DACA, fortemente voluto da Barack Obama, ha previsto una serie di strumenti per l’integrazione e la regolarizzazione dei figli degli immigrati irregolari, ovvero persone a tutti gli effetti cresciute all’interno dei confini USA ed educate secondo la cultura statunitense. L’iniziativa garantiva il permesso di permanenza nella nazione in cambio del regolare pagamento di tasse e contributi, nonché del rispetto delle leggi vigenti. Donald Trump, nel tentativo più volte ribadito di voler cancellare quanto raggiunto dal predecessore, ha però deciso di porre fine al programma: entro sei mesi, in caso il Congresso non trovi adeguate soluzioni, i Dreamers potrebbero essere rimpatriati.
In una lettera inoltrata ai propri dipendenti, e pubblicata da MacRumors, Tim Cook ha voluto esprimere grande rammarico per la scelta presa dalla Casa Bianca:
Sono profondamente costernato che 800.000 americani – inclusi più di 250 di nostri colleghi in Apple – possano presto essere cacciati dall’unica nazione che hanno chiamato casa. […] Voglio assicurarvi che Apple lavorerà con i membri del Congresso di entrambi i partiti affinché si trovi una soluzione legislativa che possa fornire protezione permanente a tutti i Dreamers nel Paese. Stiamo inoltre lavorando da vicino con i nostri colleghi per fornire a loro e alle loro famiglie tutto il supporto di cui hanno bisogno, tra cui l’affiancamento a esperti di immigrazione.
Oltre a Tim Cook, numerosi altri rappresentanti della Silicon Valley hanno deciso di protestare contro il Presidente degli Stati Uniti, tra cui Sundar Pichai di Google e Jeff Bezos di Amazon.