Da qualche tempo la stampa specializzata sull’universo Apple non parla d’altro. No, non del futuro iPhone 6 e nemmeno del tanto atteso iWatch, i giornalisti targati mela morsicata sono finiti nel tunnel dell’operazione nostalgia. E così, dopo le peripezie del giovane Jonathan Ive, oggi è il turno di Tim Cook. Il quotidiano All Alabama, pubblicazione locale dello stato in cui il CEO è cresciuto, ha infatti pubblicato un interessante profilo su Cook da adolescente.
Era il 1971 quando Don e Geraldine Cook hanno deciso di trasferirsi, insieme all’undicenne Cook e ad altri due figli, nella cittadina di Robertsdale, un piccolo nucleo abitato particolarmente dedito all’agricoltura. Stando ai racconti di insegnanti, compagni di scuola e amici d’infanzia – Robertsdale è particolarmente orgogliosa di Cook, tanto da essere diventato il vero e proprio simbolo della cittadina – il CEO di Apple da giovane non era tanto dissimile da come si mostra oggi sul palco degli eventi di Cupertino: sempre molto pacato, educato e sorridente, il fidanzato perfetto che ogni padre vorrebbe vedere per la figlia.
Particolarmente diligente a scuola, molto dedito allo studio sebbene non potesse essere definito un “secchione”, gli insegnanti lo descrivono come «quel tipo di persona che ti piace avere accanto». Così spiega Teresa Prochaska Huntsman, un’amica di scuola superiore che ha condiviso gran parte dell’adolescenza con il CEO:
«Non è mai stato unidimensionale, non ho mai conosciuto nessuno a cui non piacesse. Aveva una grande personalità.»
Sempre pronto ad aiutare la famiglia con dei lavoretti extra nel doposcuola, pare che la sua iscrizione alla Auburn University sia stata pianificata sin dai tempi delle elementari: era il grande sogno del giovane Cook. Proprio così, in un’età dove solitamente i bambini pensano a una nuova bicicletta o a diventare dei campioni di football, Cook sognava corsi ed esami universitari. E giunto il momento di dimostrare di essere uno studente modello, Tim ha mantenuto gli studi lavorando senza sosta anche per nomi importanti, come IBM, per poi approdare a Intelligent Electronics, Compaq e infine ad Apple a laurea conseguita. Proprio in occasione di un recente intervento alla Auburn University, Cook ha lasciato intravedere quali siano gli eventi formativi del suo carattere. Crescere nell’Alabama degli anni ’60 e ’70 non è stato affatto semplice, in un periodo di discriminazione e razzismo, tanto che Cook è tutt’oggi scosso e amareggiato per aver assistito – suo malgrado – alle violenze del Ku Kux Klan. Ed è per questo che Tim è così aperto e rispettoso degli altri, ed è forse per questo che, sotto la sua dirigenza, Apple ha premuto sul piede dell’acceleratore nel riconoscimento dei diritti dei dipendenti fuori e dentro l’azienda, schierandosi anche a livello politico per il rispetto di etnia, orientamento sessuale, credo religioso e qualsiasi altra fonte di inutile discriminazione.
E mentre dalle fotografie d’epoca lo si vede con chioma gonfia e fluente come d’obbligo negli anni ’70, questo ritratto è particolarmente interessante per capire le tre anime della mela morsicata. Steve Jobs con la sua adolescenza hippie e anticonformista, Jonathan Ive punk degli anni ’80 con tanto di cresta e rifiuto delle regole, Tim Cook riflessivo, cordiale e socievole. Sarà forse questo il segreto di Cupertino, saper mescolare egregiamente tutte queste anime così diverse fra loro?